BUFERA SUL COLLE: “PIANO SEGRETO PER ABBATTERE IL GOVERNO MELONI”. IL QUIRINALE REAGISCE: “RIDICOLO”, MA È SCONTRO ISTITUZIONALE

BUFERA SUL COLLE: “PIANO SEGRETO PER ABBATTERE IL GOVERNO MELONI”. IL QUIRINALE REAGISCE: “RIDICOLO”, MA È SCONTRO ISTITUZIONALE

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ROMA – C’è un’aria pesante a Roma, quella che precede i temporali più violenti. Non piove acqua, però, sui tetti dei palazzi del potere, ma accuse pesantissime che rischiano di incrinare l’asse portante della nostra Repubblica: il rapporto tra il Governo eletto e la Presidenza della Repubblica. Al centro della tempesta, un articolo di giornale, una frase sussurrata e una reazione a catena che ha portato l’Italia a un passo dalla crisi istituzionale.

Lo “Scoop” che ha Acceso la Miccia Tutto è iniziato con un titolo a nove colonne del quotidiano La Verità: “Il piano del Quirinale per fermare la Meloni”. Maurizio Belpietro, direttore della testata, non ha usato mezzi termini nel descrivere quello che, secondo le sue fonti, sarebbe un vero e proprio complotto ordito all’ombra del tricolore più alto, quello del Colle. Il cuore dell’accusa? L’esistenza di manovre sotterranee guidate da consiglieri del Presidente Sergio Mattarella – figure chiave che dovrebbero essere super partes – per destabilizzare l’esecutivo di Giorgia Meloni. L’obiettivo sarebbe duplice: erodere il consenso della Premier nell’immediato e, in prospettiva, impedire che l’attuale maggioranza abbia i numeri per eleggere il successore di Mattarella.

“Serve uno Scossone Provvidenziale” Il dettaglio più inquietante riportato nell’articolo riguarda Francesco Saverio Garofani, consigliere del Presidente ed ex parlamentare PD. A lui vengono attribuite parole che sanno di sentenza: “Un anno e mezzo non basta per battere la destra, ci vorrebbe uno scossone provvidenziale”. Ma di che “scossone” si parla? Le ipotesi messe in campo sono da brividi e richiamano i fantasmi del 2011: un’impennata dello spread pilotata dai mercati, un intervento a gamba tesa della Corte dei Conti, o l’ennesima inchiesta giudiziaria capace di paralizzare l’azione di governo. Non una battaglia politica alla luce del sole, dunque, ma una guerra di logoramento combattuta nei corridoi bui delle istituzioni.

Giorgia Meloni va al Quirinale da Sergio Mattarella dopo le frasi di  Bignami mentre FdI difende Belpietro

L’Attacco di Bignami e l’Ira del Colle Di fronte a uno scenario simile, la reazione di Fratelli d’Italia non si è fatta attendere. Galeazzo Bignami, capogruppo alla Camera e fedelissimo della Premier, ha scelto la via dello scontro frontale. “Se il Quirinale non smentisce, dovremo ritenere queste voci fondate”, ha tuonato, trasformando un’indiscrezione giornalistica in un caso di Stato. La risposta del Quirinale è stata gelida e tagliente come una lama. Con una nota ufficiale, l’ufficio di Mattarella ha espresso “stupore” per le parole di Bignami, definendo le accuse di un presunto piano contro il governo non solo false, ma “sconfinanti nel ridicolo”. Una smentita che voleva chiudere la partita, ma che paradossalmente ha certificato la gravità della tensione in atto.

Il Cortocircuito Politico Mentre Belpietro confermava la bontà del suo scoop, rifiutando il “silenziatore” istituzionale, la politica è esplosa. Le opposizioni, da Conte (M5S) a Schlein (PD) fino a Calenda, hanno fatto quadrato attorno a Mattarella, accusando il governo di “vittimismo” e di aver orchestrato un attacco “eversivo” e “ignobile” contro il Garante della Costituzione per distrarre gli italiani dai problemi economici reali. Messo all’angolo dalla reazione veemente del Colle e dal coro di critiche, il Governo ha tentato una manovra di ripiegamento. Giovan Battista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza, e lo stesso Bignami hanno provato a circoscrivere l’incendio: “Nessuno attacca Mattarella, ce l’abbiamo solo con Garofani. È lui che deve smentire”. Una distinzione sottile, quasi un tentativo disperato di salvare la faccia e l’alleanza istituzionale, pur mantenendo il dito puntato contro i funzionari “politicizzati” del Quirinale.

Cosa Resta di Questa Giornata Folle La crisi sembra essere rientrata nei ranghi della dialettica politica, ma le cicatrici restano. Questa vicenda ha scoperchiato un vaso di Pandora: la profonda diffidenza che serpeggia tra una parte della maggioranza e gli apparati di garanzia dello Stato. La domanda che molti si pongono è: quanto è fragile il nostro equilibrio democratico se basta un articolo per scatenare una guerra tra poteri? E soprattutto, quello “scossone” evocato è solo un fantasma agitato per compattare l’elettorato di destra, o è il segnale che la partita per il futuro dell’Italia si sta giocando su tavoli ben più grandi e pericolosi di quelli parlamentari? Una cosa è certa: la fiducia, una volta incrinata, è difficile da ricostruire. E in questo clima di sospetti, l’ombra sul Colle non si è ancora dissolta del tutto.

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