Caos a Bruxelles: Vannacci Minaccia la Commissaria Lahbib? “Imparate a Correre, Vi Servirà”. L’Aula Insorge

Caos a Bruxelles: Vannacci Minaccia la Commissaria Lahbib? “Imparate a Correre, Vi Servirà”. L’Aula Insorge

L’atmosfera nel Parlamento Europeo, solitamente ovattata e scandita da protocolli diplomatici secolari, è stata squarciata da un intervento che definire “esplosivo” sarebbe un eufemismo. Roberto Vannacci, il Generale prestato alla politica che ha fatto del politicamente scorretto la sua bandiera, ha trasformato i suoi minuti a disposizione in una vera e propria dichiarazione di guerra contro l’establishment europeo. Non si è trattato di una semplice critica alle policy o ai regolamenti comunitari: quello che è andato in scena a Strasburgo è stato un attacco frontale, personale e, secondo molti presenti, minaccioso, che ha costretto la presidenza a intervenire per riportare l’ordine in un’aula visibilmente scossa.

L’Incipit: Una Barzelletta Amara

Vannacci ha aperto il suo discorso con una retorica che sembrava presa in prestito dal repertorio dell’avanspettacolo, ma con un fine gelido e calcolato. “C’è un tedesco, un francese, un belga e un italiano”, ha esordito, evocando l’immagine della classica barzelletta. Ma il sorriso si è spento immediatamente sulle labbra di chi ascoltava. I nomi non erano quelli di personaggi di fantasia, ma i giganti della politica europea: Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron, Mario Draghi e, obiettivo diretto del suo intervento, la commissaria Hadja Lahbib.

Per il Generale, queste figure non sono statisti, ma i diretti responsabili di una “crisi acutissima”. Con una lucidità spietata, ha elencato quelli che considera i fallimenti disastrosi di questa classe dirigente: dalle auto elettriche imposte per decreto, alla guerra a oltranza, fino alle sanzioni contro la Russia che, nella sua visione, non hanno “spezzato le reni al Cremlino” ma hanno messo in ginocchio l’economia europea. È l’Europa dei tecnocrati che Vannacci mette sotto processo, un’Europa che, a suo dire, prima crea i disastri e poi pretende di insegnare ai cittadini come sopravvivere alle macerie.

Lo “Zainetto” della Discordia e l’Apocalisse Urbana

Il cuore dell’intervento si è concentrato sulla proposta della commissaria Lahbib riguardo la preparazione civile alle crisi, simbolizzata dallo “zainetto per la sopravvivenza”. Vannacci ha colto la palla al balzo per ridicolizzare l’iniziativa, sostenendo che la commissaria “non ha mai portato uno zaino sulle spalle” e quindi non conosce il peso reale della sopravvivenza.

Ma è qui che il discorso ha preso una piega oscura, virando bruscamente verso i temi cari alla propaganda del Generale: sicurezza e immigrazione. “L’unica cosa che possiamo fare per salvarci è allenarci”, ha tuonato Vannacci. Ma allenarsi per cosa? Non per un disastro naturale o una guerra convenzionale, ma “per scappare da ladri, stupratori, molestatori, in gran parte immigrati clandestini”.

Le parole sono cadute come macigni nell’emiciclo. L’associazione diretta, brutale e senza sfumature tra immigrazione e criminalità violenta (“scorrerie”, come le ha definite, evocando immagini di invasioni barbariche) ha provocato un mormorio di indignazione. Vannacci ha dipinto un quadro a tinte fosche di un’Europa dove i cittadini devono imparare a “sopportare il freddo” per i costi dell’energia e a “vivere in clandestinità” perché la cultura “greca, romana e cristiana” è ormai perseguitata.

La Minaccia Finale: “Sparite e Correte”

Il climax del discorso è arrivato nella chiusura, un finale che ha fatto scattare i richiami al regolamento. Rivolgendosi direttamente ai banchi della Commissione e alla stessa Lahbib, Vannacci ha intimato: “Se volete fare qualcosa di buono per questa Europa, sparite”. E poi, l’affondo che ha scatenato la polemica: “Potreste anche cominciare ad allenarvi a correre, potrebbe tornarvi utile”.

In questa frase, molti hanno letto non solo un augurio di fine carriera politica, ma una velata minaccia fisica, l’evocazione di una resa dei conti popolare o di un pericolo imminente da cui gli stessi leader dovrebbero fuggire. Un linguaggio che evoca scenari insurrezionali, ben lontano dal fair play istituzionale richiesto in quella sede.

La Reazione dell’Aula: Indignazione e Richiami

La risposta delle altre forze politiche non si è fatta attendere. L’eurodeputata Miranda ha immediatamente chiesto la parola per un richiamo al regolamento, citando l’articolo 10.4 che vieta il linguaggio offensivo. Con voce ferma, ha condannato l’associazione fatta da Vannacci tra immigrati e violenza carnale, definendola inaccettabile non solo sul piano etico ma anche giuridico all’interno del dibattito parlamentare.

Ancora più duro è stato l’intervento di Cecilia Strada. L’esponente del Partito Democratico ha sottolineato come i toni aggressivi del Generale non fossero solo sgradevoli, ma pericolosi. “Quelli che hanno orecchie per ascoltare percepiscono queste parole come minacce”, ha dichiarato la Strada, rimarcando che un simile atteggiamento può andare bene “nel suo movimento”, ma non nell’aula del Parlamento Europeo.

Un Conflitto di Mondi

L’episodio si è chiuso con il richiamo della presidenza di turno, che ha concordato sulla natura “eccessiva” dei toni usati da Vannacci, invitando al rispetto reciproco. Tuttavia, la ferita politica rimane aperta. Questo scontro non è un incidente isolato, ma la rappresentazione plastica di una frattura profonda che attraversa l’Europa.

Da una parte c’è l’istituzione che cerca di mantenere un linguaggio di cooperazione, diritti e inclusione; dall’altra c’è la voce di Vannacci, che si fa portavoce di una rabbia viscerale, che rifiuta le mediazioni e vede nel “politicamente corretto” il nemico da abbattere. Il Generale non parla per convincere i colleghi in aula, parla per il suo elettorato a casa, utilizzando il Parlamento come cassa di risonanza per la sua “guerra” culturale.

L’invito a “imparare a correre” suona come un avvertimento sinistro in un continente già attraversato da tensioni sociali crescenti. Resta da capire se questa strategia dello scontro totale porterà a un isolamento politico del Generale a Bruxelles o se, paradossalmente, rafforzerà la sua immagine di “combattente” solitario contro il sistema agli occhi dei suoi sostenitori. Una cosa è certa: la tranquillità delle sedute parlamentari sembra ormai un ricordo del passato.

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