De Luca show, l’affondo brutale contro l’Occidente e la classe politica: “Siamo guidati da barbari e ipocriti, l’Europa si sta suicidando”

De Luca show, l’affondo brutale contro l’Occidente e la classe politica: “Siamo guidati da barbari e ipocriti, l’Europa si sta suicidando”

Se c’è una voce nel panorama politico italiano che non teme di infrangere il muro del suono del politicamente corretto, quella è indubbiamente Vincenzo De Luca. Ma il discorso tenuto recentemente dal Presidente della Regione Campania, ospite di un evento accademico alla presenza del professor Gaetano Quagliariello, va ben oltre la consueta invettiva colorita a cui ci ha abituati. È stato un j’accuse sistemico, una lezione di realpolitik cruda e disincantata che ha demolito, pezzo dopo pezzo, la retorica occidentale degli ultimi anni, dalla guerra in Ucraina alla gestione della crisi mediorientale, fino alla desolante mediocrità dell’attuale classe dirigente italiana ed europea.

“Dovrei tagliarmi le vene”: il giudizio impietoso sulla politica attuale

L’esordio di De Luca è stato, come suo stile, una doccia fredda. Chiamato a riflettere sul futuro e sulle sfide globali, il Governatore non ha usato giri di parole per descrivere chi oggi siede nelle stanze dei bottoni: “Se dovessi ragionare sulla qualità delle classi dirigenti del nostro Paese, dovrei tagliarmi le vene”. La definizione è impietosa: una classe politica “improbabile, povera, culturalmente disattrezzata”, composta da “piccoli miserabili” e “barbari” se paragonata ai giganti che hanno ricostruito l’Italia nel dopoguerra. Per De Luca, la distanza tra i padri costituenti – gente che aveva conosciuto la galera, l’esilio e la fame – e i politici odierni, spesso “analfabeti di ritorno”, è abissale e pericolosa.

Ucraina e Russia: “L’Occidente ha regalato Mosca alla Cina”

Il cuore del discorso, tuttavia, ha toccato i nervi scoperti della geopolitica mondiale. Con una lucidità che raramente si trova nei talk show televisivi, De Luca ha definito la gestione occidentale della guerra in Ucraina come “la prova più grande di idiozia politica e irresponsabilità”.

Sfidando il pensiero unico atlantista, ha ricordato un principio elementare delle relazioni internazionali: le superpotenze agiscono per la propria sicurezza nazionale. Ha citato la crisi dei missili di Cuba del 1963, quando gli Stati Uniti rischiarono la guerra nucleare perché non potevano tollerare missili sovietici alle porte di casa. “Per la Russia vale lo stesso principio”, ha tuonato De Luca. L’espansione della NATO fino ai confini russi, ignorando gli accordi taciti del post-Muro di Berlino, è stata per il Governatore un atto di ottusità politica imperdonabile.

Il risultato? “Abbiamo regalato la Russia alla Cina”. Invece di tenere Mosca legata all’Europa, valorizzando la sua cultura profondamente europea (da Dostoevskij a Tolstoj), l’abbiamo spinta tra le braccia del dragone asiatico, creando un blocco anti-occidentale formidabile. La pretesa di “vincere” sul campo contro una potenza nucleare è stata bollata come una follia che ci ha portati sull’orlo del baratro.

L’ipocrisia dell’Occidente e il “diritto ineguale”

De Luca non si è fermato qui. Ha smontato la pretesa di “superiorità morale” dell’Occidente, ricordando all’uditorio che l’Europa non è solo la culla della democrazia e del diritto romano, ma è anche la terra delle Crociate, dell’Inquisizione, del colonialismo, dei lager e dello schiavismo. “Per il resto del mondo, noi siamo anche questo”, ha ammonito.

Quando parliamo di diritto internazionale violato dalla Russia, De Luca ci invita a guardarci allo specchio: Belgrado bombardata senza l’OK dell’ONU, la Libia distrutta per interessi francesi e americani, l’Iraq invaso sulla base di bugie, l’Afghanistan abbandonato dopo vent’anni di occupazione inutile. Questo “doppio standard” mina la nostra credibilità agli occhi del Sud del mondo, che infatti non ci segue nelle sanzioni a Mosca.

Un Piano Mattei serio: co-interessi, non elemosina

Guardando al futuro, e in particolare all’Africa, De Luca ha proposto un cambio di paradigma radicale. Basta con la retorica dell’aiutiamoli a casa loro fatta di slogan. Serve creare “co-interessi economici”. L’Italia, percepita come meno aggressiva rispetto a Francia e Inghilterra, ha una carta da giocare: investimenti congiunti, joint venture reali, non predazione.

E qui emerge il De Luca amministratore pragmatico. Ha parlato di autonomia come unica via di salvezza per l’Italia: autonomia energetica (puntando su eolico e solare nel Sud come hub per l’Europa), autonomia informatica (citando la Quantum Valley a Salerno) e, tema cruciale e ignorato, autonomia idrica. Mentre mezza Italia rischia la desertificazione, la Campania investe miliardi per garantire l’acqua, una risorsa che varrà più dell’oro.

L’appello finale ai giovani

In un finale che ha mescolato pessimismo della ragione e ottimismo della volontà, De Luca si è rivolto agli studenti. Ha evocato la necessità di una “battaglia culturale” per formare una nuova classe dirigente che sappia distinguere la realtà dalla propaganda, che abbia il senso della storia e della Patria (“quella vera, non demagogica”).

Il monito è chiaro: il mondo è “destrutturato”, le vecchie istituzioni non contano più nulla e l’Italia, con il suo debito mostruoso e la crisi demografica, rischia di sparire o di diventare irrilevante. Serve realismo, competenza e, soprattutto, il coraggio della verità. Quella verità scomoda che Vincenzo De Luca, tra una battuta e un’invettiva, ha avuto il coraggio di gridare in un silenzio assordante.

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