DEL DEBBIO RIMANE SENZA PAROLE DOPO IL DURO ATTACCO DI MAURO CORONA A ELLY SCHLEIN

In una serata televisiva carica di tensione emotiva e civile, lo studio di “Dritto e Rovescio”, il programma di approfondimento politico e sociale condotto da Paolo Del Debbio su Rete 4, è diventato teatro di uno dei più feroci e lucidi j’accuse degli ultimi tempi. Protagonista indiscusso è stato Mauro Corona, scultore, scrittore e alpinista, che con la sua consueta franchezza montanara, priva di filtri e diplomazie, ha scoperchiato il vaso di Pandora dell’ipocrisia politica italiana riguardo al tragico caso di Saman Abbas.
L’intervento di Corona non è stato una semplice opinione, ma un fiume in piena che ha travolto il politicamente corretto, mettendo a nudo le contraddizioni di una certa sinistra, rea, secondo lo scrittore, di aver applicato un inaccettabile doppio standard nella difesa dei diritti delle donne. Al centro del dibattito, l’orrore per l’omicidio pianificato della giovane pachistana, uccisa dalla sua stessa famiglia per aver rifiutato un matrimonio combinato e aver desiderato una vita all’occidentale.
L’orrore per una barbarie pianificata
Mauro Corona ha esordito con una riflessione che va oltre la cronaca nera, toccando le corde più profonde dell’umanità. “Come fa un essere umano a non farsi colpire da queste atrocità?”, ha tuonato lo scrittore, visibilmente scosso. La sua analisi si è concentrata sulla natura disumana del delitto: non un raptus, non un gesto di follia momentanea scaturito dall’alcol o da un disturbo mentale, ma una fredda, calcolata esecuzione. “Qui è pianificata, il gelo della morte di un familiare pianificato”, ha ripetuto Corona, sottolineando l’abisso morale in cui precipita chi decide di sopprimere la propria figlia a tavolino.
Per Corona, questo tipo di crimine non rientra nemmeno nella categoria della “barbarie”, ma si colloca in uno spazio oscuro che l’umanità dovrebbe aver superato da secoli. L’appello dello scrittore è universale: tutto il mondo, incluse le religioni, dovrebbe mobilitarsi per educare e cambiare queste mentalità. Perché, come ha ricordato, “anche le religioni si possono cambiare”, non sono monoliti immutabili che giustificano l’orrore.
La sfida diretta all’Islam e la questione della libertà femminile
Ma è stato nel passaggio successivo che l’intervento di Corona si è fatto incandescente, toccando uno dei nervi scoperti della nostra società multiculturale. Stimolato da Del Debbio sulle posizioni di molti musulmani che condannano l’omicidio definendolo “non Islam”, Corona ha risposto con una logica stringente e provocatoria: “E cos’è allora? Mi dicano cos’è, voglio capire cos’è”.
Lo scrittore non si è accontentato delle solite frasi di circostanza. Ha rivolto una domanda diretta, quasi brutale nella sua semplicità, ai rappresentanti della comunità islamica e a chi difende acriticamente certe tradizioni: “Le vostre donne sono libere o no? Rispondetemi senza girarci attorno”. Corona ha elencato diritti che in Occidente diamo per scontati ma che per molte ragazze come Saman rappresentano una chimera costata la vita: studiare, vestirsi come vogliono, cantare, indossare una minigonna.
“Sono uguali a voi o no le donne? O possono essere inferiori?”. Queste domande retoriche risuonano come macigni. Corona ha preteso chiarezza, rifiutando le zone grigie in cui spesso si rifugia il dibattito sull’integrazione. Non si può parlare di integrazione se non si parte dal presupposto fondamentale della parità di genere e della libertà individuale, principi che non possono essere sacrificati sull’altare del rispetto culturale.

L’attacco frontale alla sinistra e il paragone con il MeToo
Il climax dell’intervento è arrivato quando Paolo Del Debbio ha introdotto il tema del silenzio mediatico e politico. Il conduttore ha fatto notare come, rispetto allo scandalo mondiale del MeToo – nato dalle denunce di molestie nel mondo del cinema e dello spettacolo – la reazione per la morte di Saman sia stata incredibilmente tiepida.
Qui Corona non ha fatto sconti, lanciando un attacco politico durissimo che chiama in causa direttamente i vertici del progressismo italiano, e implicitamente la segretaria del PD Elly Schlein, simbolo di quella parte politica oggi sotto accusa. “Non ho visto tutte ste manifestazioni in Italia per Saman”, ha ammesso amaramente Corona. “Ahimè e purtroppo non si sono viste”.
L’accusa è precisa: “Una certa sinistra non si è schierata, non ha abbaiato, non ha gridato forte”. Per lo scrittore ertano, il motivo di questo silenzio è la paura. Paura di cosa? “Di mettersi contro l’Islam o contro chissà chi”. Secondo la sua analisi, c’è stato un calcolo opportunistico o una paralisi ideologica che ha impedito di difendere Saman con la stessa veemenza riservata ad altre cause.
Dove erano le piazze piene? Dove erano gli hashtag virali? Dove erano le influencer e le politiche che solitamente sono in prima linea per i diritti civili? Nel caso di Saman, sembra che l’appartenenza culturale della vittima e dei carnefici abbia creato un cortocircuito. Difendere Saman significava dover criticare una cultura minoritaria, e questo, per “una certa sinistra”, sembra essere un tabù insormontabile.
Un presagio oscuro per il futuro
La conclusione di Mauro Corona è un monito che non lascia spazio all’ottimismo. “Qui ci doveva essere una levata di scudi totale”, ha affermato, perché senza una condanna unanime e rumorosa, la storia è destinata a ripetersi. “Queste cose si ripeteranno, c’è poco da fare. Prima o dopo, passerà un mese, passerà un anno e poi succederà di nuovo”.
La visione di Corona è lucida e spietata: finché si insegnerà ai “maschietti” che la donna è una proprietà, che va picchiata o sottomessa, la catena di violenza non si spezzerà. Il caso Saman rischia di non essere un’eccezione, ma la punta dell’iceberg di un fenomeno che si perpetua nel silenzio complice delle nostre città.
L’intervento di Mauro Corona a “Dritto e Rovescio” resta uno dei momenti più alti e veri della televisione recente. Ha dato voce a milioni di italiani che, di fronte alla foto di Saman Abbas, si sono chiesti perché la sua vita valesse meno delle polemiche da salotto. Ha ricordato a tutti, e soprattutto alla politica, che i diritti umani non hanno colore politico e non possono essere applicati a correnti alterne. Se la sinistra vuole davvero difendere le donne, deve iniziare a difenderle tutte, anche e soprattutto quando i loro carnefici non sono “maschi bianchi occidentali”, ma padri e cugini che agiscono in nome di un codice d’onore incompatibile con la nostra civiltà.