Feltri SCOPPIA Contro Gratteri: Lo DISTRUGGE con DUE Parole!

Il Grande Bluff Smascherato: Feltri Umilia Gratteri in Diretta e Fa Crollare il Mito dell’Infallibilità dei Magistrati

C’è un momento preciso in cui un dibattito televisivo smette di essere un semplice scambio di opinioni e diventa un pezzo di storia del costume, o in questo caso, un atto d’accusa formidabile contro un intero sistema di potere. Lo scontro andato in scena a DiMartedì tra il direttore Vittorio Feltri e il procuratore Nicola Gratteri non è stato solo “gossip politico”, come qualcuno potrebbe frettolosamente etichettarlo. È stato un disvelamento brutale, una lezione di fact-checking in tempo reale che ha lasciato ferite profonde nella credibilità di una delle figure più intoccabili della magistratura italiana.

Al centro della contesa c’è la riforma della separazione delle carriere, il cavallo di battaglia del ministro Carlo Nordio, osteggiata con ferocia da gran parte delle toghe. Gratteri, ospite in studio con l’aura del super-procuratore antimafia, era lì per lanciare la sua crociata contro la riforma. Ma la sicurezza ostentata si è trasformata in pochi minuti nella sua peggiore nemica.

L’Autogol sulla Memoria di Falcone

Per sostenere che separare le carriere tra giudici e pubblici ministeri fosse un errore fatale, Gratteri ha calato l’asso: una citazione attribuita a Giovanni Falcone. Secondo il procuratore, il giudice simbolo della lotta alla mafia avrebbe messo in guardia contro il rischio che il PM, una volta separato dal giudice, finisse sotto il controllo dell’esecutivo. Una frase potente, evocativa, capace di chiudere ogni discussione. Peccato fosse falsa.

È qui che Vittorio Feltri, con la freddezza di un cecchino, è intervenuto per smontare il castello di carte. “Quella citazione è una bufala”, ha tuonato il direttore. E non si è limitato a negare: ha portato i fatti. Giovanni Falcone, ha ricordato Feltri citando interviste reali degli anni ’80 e ’90, pensava esattamente l’opposto. Falcone era un sostenitore della separazione delle carriere, convinto che il PM dovesse essere l’avvocato dell’accusa e il giudice un arbitro terzo e imparziale.

In un attimo, la narrazione di Gratteri si è sgretolata. Usare il nome di un eroe nazionale, attribuendogli pensieri mai avuti per sostenere una tesi politica odierna, è stato bollato da Feltri come “sciacallaggio intellettuale”. Un’accusa pesantissima, che ha fatto tremare lo studio.

“Mani nella Marmellata” delle Fake News

La difesa di Gratteri è stata forse peggiore dell’errore stesso. Un balbettante “me l’hanno mandata persone serie” che ha scatenato l’ironia feroce di Feltri. Com’è possibile, ha chiesto il giornalista, che un uomo che ha il potere di privare i cittadini della libertà personale, un investigatore abituato a maneggiare prove complesse, si faccia ingannare da una catena di Sant’Antonio su WhatsApp?

La domanda retorica di Feltri ha aperto una voragine. Se un procuratore capo non verifica le sue fonti prima di andare in diretta nazionale, con quale rigore verifica le prove nelle sue inchieste? Il dubbio insinuato è corrosivo: l’infallibilità del magistrato è un mito. E quando cade la maschera dell’infallibilità, resta solo l’uomo, con i suoi pregiudizi e le sue leggerezze. Feltri ha ridotto Gratteri a uno “scolaro impreparato”, colto con le mani nella marmellata delle fake news, distruggendo in pochi minuti l’autorevolezza costruita in anni di carriera.

Il Silenzio Assordante della “Casta”

Ma l’analisi di Feltri non si è fermata al singolo scivolone. Ha allargato il campo, puntando il dito contro quello che ha definito il sistema di protezione della “casta”. Se un politico avesse citato una legge inesistente o falsificato il pensiero di Borsellino, ha notato il direttore, sarebbe stato costretto alle dimissioni tra le urla dei giornali. Invece, per Gratteri, il silenzio. L’Associazione Nazionale Magistrati fischietta, il CSM tace.

Questo “doppio standard” è la prova, secondo Feltri, che i magistrati godono di un diritto divino all’errore, specialmente se sono figure “gradite” ai salotti buoni. Ma questa volta il re è nudo. L’episodio ha dimostrato che i magistrati sono uomini fallibili, che fanno politica attiva (spesso contro il governo) e che, quando scendono nell’arena mediatica, devono accettare di essere trattati come politici, senza sconti e senza l’immunità della toga.

La Riforma è Giusta (se gli argomenti contrari sono falsi)

La conclusione a cui arriva Feltri è logica e spietata: se per attaccare la riforma Nordio sono costretti a inventarsi le frasi dei morti, significa che non hanno argomenti validi tra i vivi. L’autogol di Gratteri diventa così la prova regina che la riforma è necessaria.

L’incidente dimostra proprio il pericolo di un pubblico ministero che si sente onnipotente, che agisce più come un attore politico che come un tecnico del diritto. Separare le carriere serve a questo: a evitare che l’accusa diventi un mostro giuridico autoreferenziale.

Il “suicidio mediatico” di Gratteri segna forse un punto di non ritorno. La magistratura, che per anni ha dettato legge (letteralmente e mediaticamente), oggi appare fragile, confusa e costretta a ricorrere alle bufale per difendere i propri privilegi. Vittorio Feltri, con la sua solita irriverenza, ha fatto un servizio alla verità: ha ricordato a tutti che nessuno, nemmeno un eroe dell’antimafia, è al di sopra dei fatti. E la verità, prima o poi, presenta sempre il conto.

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