GIORGIA MELONI TREMA PER LE DIMISSIONI DI MATTARELLA ! IL SOSTITUTO E’ PRORPIO LUI…

C’è un silenzio strano che avvolge i palazzi del potere romano in questi giorni. Non è la quiete sonnacchiosa della routine burocratica, ma quella densa, elettrica e carica di presagi che precede una tempesta perfetta. Un “terremoto silenzioso” sta per scuotere le fondamenta della Repubblica, un evento capace di riscrivere la geografia politica dei prossimi dieci anni e che i media tradizionali, forse per paura o per convenienza, esitano a raccontare nella sua interezza. Al centro di questo dramma istituzionale c’è una figura, quella di Sergio Mattarella, e una data che potrebbe non essere più il lontano 2029.
Il “Sacrificio” è Finito: Mattarella Pronto a Lasciare?
Per comprendere la portata di ciò che sta accadendo, dobbiamo riavvolgere il nastro al gennaio 2022. Il Parlamento, paralizzato e incapace di esprimere una leadership, pregò Sergio Mattarella di accettare un secondo mandato. Lui, uomo di rigore e costituzione, accettò non per ambizione – il “bis” è sempre stato per lui un’anomalia – ma per puro spirito di servizio, per traghettare un’Italia ferita fuori dalle secche dell’instabilità.
Oggi, però, lo scenario è radicalmente mutato. C’è un governo politico, eletto dal popolo, con una maggioranza solida. La missione del “traghettatore” potrebbe considerarsi conclusa. E qui nasce l’indiscrezione che fa tremare i polsi: il Presidente potrebbe non voler completare il settennato. Il suo attuale silenzio non sarebbe distacco, ma la preparazione di un’uscita di scena che aprirebbe la corsa più spietata e pericolosa della storia repubblicana: quella per la successione.
Il Bivio Mortale: Draghi o la “Trappola” Politica?

Se Mattarella lascia, sul tavolo restano sostanzialmente due opzioni. Due visioni del mondo, due destini opposti per l’Italia.
La prima è l’opzione “Sistema”: Mario Draghi. L’ex premier rappresenta l’assicurazione sulla vita per il debito pubblico italiano, l’uomo che Washington, Berlino e Parigi vorrebbero a garanzia dei trattati. Un “Re Tecnico” per una monarchia repubblicana. Ma per la politica, Draghi al Quirinale è la morte civile. Significherebbe un commissariamento morbido ma asfissiante: quale ministro dell’Economia o degli Esteri oserebbe contraddire l’uomo che ha salvato l’euro? I partiti lo sanno e resistono, terrorizzati dall’idea di vivere sette anni sotto tutela.
Ed è qui che emerge la seconda opzione, quella che sta crescendo nell’ombra e che rappresenta il vero colpo di scena: Guido Crosetto.
L’Ascesa del “Gigante Buono”
L’attuale Ministro della Difesa ha compiuto una metamorfosi politica straordinaria. Da “combattente” di parte, co-fondatore di Fratelli d’Italia, è diventato il “tessitore silenzioso”, l’interlocutore privilegiato di tutti, persino delle opposizioni. Crosetto è l’uomo che parla con l’America, che gestisce i dossier bollenti delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, che sa dire “no” anche agli amici per tutelare la linea atlantica.
Sulla carta, per la destra, portare un fondatore del partito al Colle sarebbe l’apoteosi. La vittoria finale. La legittimazione storica. Eppure, paradossalmente, questa ipotesi è il vero incubo notturno di Giorgia Meloni.
I Tre Incubi di Giorgia Meloni

Perché la Premier dovrebbe temere l’elezione del suo alleato più fedele? L’analisi è spietata e rivela la fragilità strutturale dell’attuale esecutivo.
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Il Vuoto Affettivo e Politico: Crosetto non è solo un ministro. È il “fratello maggiore” politico di Giorgia. È l’unico che ha l’autorevolezza, la stazza e la storia per guardarla negli occhi e dirle: “Giorgia, stai sbagliando”. È il suo scudo contro la solitudine del comando. Perderlo significherebbe restare sola, circondata da “yes-man” o da alleati pronti a tradire, senza più quella bussola saggia che ha finora orientato le scelte più difficili.
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La “Sindrome del Convertito”: Il Quirinale trasforma chi lo abita. Se Crosetto salisse al Colle, per dimostrare di essere il Presidente di tutti e non solo della destra, sarebbe costretto a una rigidità assoluta. Potrebbe diventare – per paradosso – il censore più severo del governo Meloni. Un “padre nobile” costretto a bacchettare la “figlia” pubblicamente per non apparire di parte. Un freno a mano tirato per sette anni.
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Il Rimpasto Impazzito: Questa è la mina vagante più immediata. Liberare la casella della Difesa in tempo di guerra non è un gioco. Si scatenerebbe l’inferno. La Lega e Forza Italia si lancerebbero come falchi sulla poltrona vacante o chiederebbero compensazioni pesantissime. Aprire un rimpasto oggi significa aprire il vaso di Pandora, con il rischio concreto di destabilizzare l’intero governo o addirittura scivolare verso elezioni anticipate.
La Tempesta Perfetta
Giorgia Meloni si trova dunque di fronte a un “dilemma corneliano”, una scelta impossibile dove ogni strada porta a una perdita sanguinosa.
Se spinge per Crosetto, ottiene una vittoria storica ma decapita il suo governo, perde il suo consigliere principe e rischia il caos interno. Se lo tiene stretto a Palazzo Chigi, rischia di vedere salire al Colle un Mario Draghi “commissario” o, peggio, un nome di compromesso al ribasso, magari gradito alla sinistra, che renderebbe la vita impossibile all’esecutivo.
La verità che emerge da questo scenario è che la forza di questo governo – la figura giganteggiante di Crosetto – è anche la sua più grande debolezza. Il sistema si regge su equilibri fragilissimi. L’uscita di scena di Mattarella, se confermata, farà saltare il tappo. E quello che verrà dopo non sarà una semplice successione, ma una ridefinizione brutale dei rapporti di forza.
Siamo davvero nella quiete prima della tempesta. E la domanda che resta sospesa nell’aria viziata dei palazzi romani è una sola: Giorgia Meloni avrà il coraggio di sacrificare il suo “migliore amico” per la gloria, o sacrificherà la gloria per la sopravvivenza?