“I miei figli lo sanno”. Sigfrido Ranucci, il duro sfogo dopo l’attentato

Reduce dall’audizione del 5 novembre in Commissione di Vigilanza Rai, Sigfrido Ranucci è tornato a parlare dell’attentato di ottobre e del clima che lo circonda. A Firenze, durante un incontro pubblico, il volto di Report ha raccontato l’amarezza per un passaggio che, a suo dire, doveva essere di sostegno ma è diventato l’”ennesimo attacco al suo lavoro”. A rendere più teso il dibattito, le continue repliche di Maurizio Gasparri, richiamato all’ordine dalla presidente Barbara Floridia.
Dal 2021 sotto scorta e dal 2009 sotto tutela, Ranucci ha spiegato di aver imparato a convivere con la paura considerandola parte del mestiere. Un adattamento che ha coinvolto anche i suoi affetti più stretti: “I miei figli sono abituati a convivere con una figura che è spesso assente e che sa di poter non tornare a casa. Accade anche a tanti poliziotti o a chi lavora per il servizio pubblico. Sanno che queste assenze fanno parte di un pacchetto necessario, se vogliamo consegnare al mondo e alle generazioni future un mondo migliore”.

Tensione, solidarietà e accuse incrociate: l’affondo di Ranucci sui politici ipocriti
Proprio sull’audizione in Rai, Ranucci non ha risparmiato critiche: un appuntamento nato per manifestare solidarietà dopo l’agguato che, a suo giudizio, si è trasformato nell’”ennesima occasione dove mi si accusava di non fare correttamente il mio lavoro. Ma va bene così, io ho detto sempre ‘piuttosto che l’ipocrisia, piuttosto che vestirsi di false trasparenze è meglio apparire nudi’”. Parole che segnano il solco tra chi lo sostiene e chi ne mette in discussione metodi e inchieste.

Il giornalista ha ricordato anche le reazioni politiche seguite all’attentato, affondando il colpo: “Non mi aspettavo una quantità di ipocrisia tale, soprattutto da una certa politica”. Una frase che fotografa il corto circuito fra informazione di servizio pubblico e scontro di parte, mentre l’eco della seduta in Commissione continua a dividere il dibattito su trasparenza, contraddittorio e tutela di chi fa cronaca scomoda.
Nel suo racconto, Ranucci rivendica la funzione del giornalismo d’inchiesta: indagare i poteri, offrire fatti verificati, accettare il contraddittorio senza cedere alle pressioni. Le interruzioni in Commissione e il richiamo formale di Barbara Floridia a Gasparri sono diventati il simbolo di una frizione più ampia: la difficoltà, in questa stagione, di discutere di libertà di stampa senza trasformare ogni passaggio istituzionale in un processo alle intenzioni.
Dall’incontro di Firenze è emersa la volontà di andare avanti: rimettere al centro dossier, prove e responsabilità, senza spettacolarizzare la paura. Mentre prosegue la tutela delle forze dell’ordine, il conduttore di Report ribadisce il perimetro del suo lavoro: raccontare ciò che è di interesse pubblico. Tra sostegni e critiche, resta l’immagine di un cronista che chiede alle istituzioni spazi di confronto leale e alle platee politiche di separare propaganda e verità dei fatti.