Meloni Show da Mentana: Smonta le Bugie sui Salari e “Asfalta” la Sinistra con una Battuta che Vale Più di Mille Comizi

Se qualcuno si aspettava una Giorgia Meloni sulla difensiva, schiacciata dal peso dei sondaggi o dalle polemiche sui conti pubblici, ha dovuto ricredersi in fretta. Ospite di Enrico Mentana al TG La7, in quella che molti considerano la “tana del lupo”, il Presidente del Consiglio ha sfoderato una prestazione che mescola competenza tecnica e una ferocia politica chirurgica. Nessun passo indietro, nessuna esitazione: Meloni ha ribaltato ogni accusa, trasformando le domande insidiose in assist per rivendicare i successi del suo governo.
Ma andiamo con ordine, perché la carne al fuoco è tanta e il finale è di quelli destinati a restare negli annali della comunicazione politica.
La verità sui soldi degli italiani (che l’Istat non dice)
Il momento di maggiore tensione si è toccato sul tema più caldo: i soldi. Mentana incalza citando i dati Istat sul calo del potere d’acquisto e dei salari reali. Sembra un vicolo cieco, ma Meloni ha la risposta pronta, e non è una risposta banale. “Direttore, l’Istat calcola il lordo. Noi abbiamo lavorato sul netto”.
In poche parole, la Premier spiega il “trucco”: mentre le statistiche guardano i contratti sulla carta, il governo ha agito sul taglio del cuneo fiscale, sui fringe benefit, sulla detassazione dei premi. “La realtà nelle tasche dei cittadini è diversa dalle statistiche”, afferma con sicurezza. E non manca di ricordare il “macigno” che ha ereditato: 40 miliardi di euro pagati solo quest’anno per il Superbonus. “Se non avessi avuto quella zavorra, immagini cosa avremmo potuto fare in più”. Una stoccata che mira dritto al cuore della gestione Conte, ricordando agli italiani chi ha creato il buco e chi lo sta coprendo.
“La pace si fa con le armi, non con le buone intenzioni”
Sulla politica estera, Meloni si conferma leader di caratura internazionale, spazzando via le ambiguità di certa parte della sua stessa maggioranza (ogni riferimento a Salvini è puramente casuale, ma chiarissimo). “Se non avessimo sostenuto l’Ucraina, oggi non ci sarebbe nessun tavolo di pace, ma solo una nazione invasa”.
La sua visione è pragmatica, quasi churchilliana: la libertà ha un costo. L’Europa deve imparare a difendersi da sola, non perché lo chiede Trump, ma perché è un “processo storico inevitabile”. È il discorso di un leader che non cerca il consenso facile del pacifismo di facciata, ma che guarda alla geopolitica con realismo crudo.

Le Riforme: “Non lo faccio per me”
Giustizia e Premierato. Due temi che fanno venire l’orticaria all’opposizione, ma su cui Meloni tira dritto come un treno. Sul referendum per la separazione delle carriere, la Premier lo definisce una battaglia di “buon senso” per i cittadini, non una vendetta contro i magistrati.
Ma è sul Premierato che sfodera l’argomento economico: l’instabilità politica costa miliardi in interessi sul debito. “Questa riforma non serve a me, che governo stabilmente, serve a chi verrà dopo, per non far tornare l’Italia nel caos”. Un modo abile per togliersi l’etichetta di “uomo solo al comando” e vestire i panni dello statista che guarda alle future generazioni.
Il colpo di teatro finale: “Chi è il capo?”
Tuttavia, il vero capolavoro mediatico arriva alla fine. Mentana, sornione, chiede se ci sarà finalmente il tanto atteso confronto tv con Elly Schlein. La Meloni sorride, un sorriso che non promette nulla di buono per i suoi avversari, e sgancia la bomba: “Sono disponibile a confrontarmi con il leader dell’opposizione… quando mi diranno chi è”.
Gelo. In una sola frase, Meloni ha ridicolizzato la segretaria del PD, insinuando che non abbia il controllo del suo campo, che sia un leader a metà, ostaggio delle correnti o dei 5 Stelle. “Non mi infilo nelle dinamiche dell’opposizione”, aggiunge perfida. È il colpo del KO. Non serve urlare per “asfaltare” l’avversario; a volte basta una battuta sussurrata con il giusto timing.
Giorgia Meloni esce dallo studio di La7 non come un ospite, ma come la padrona di casa. Ha dettato l’agenda, ha smontato i dati negativi e ha umiliato politicamente l’avversario senza nemmeno nominarlo. Che piaccia o no, la “Underdog” è diventata un predatore alfa, e la sinistra, ancora una volta, sembra non avere le armi per fermarla.