PORRO SMONTA GRAMELLINI IN DIRETTA: MELONI NON SI TOCCA

Il Duello che Ha Infiammato la TV: Libertà contro Moralismo, Porro Non Fa Prigionieri
In un panorama televisivo spesso ingessato dal politicamente corretto, ci sono momenti che squarciano il velo dell’ipocrisia e mostrano la nuda verità dello scontro politico e culturale in atto nel nostro Paese. È quanto accaduto recentemente in una delle trasmissioni più seguite, dove quello che doveva essere un pacato confronto istituzionale si è trasformato in una vera e propria resa dei conti tra due visioni del mondo inconciliabili. I protagonisti? Nicola Porro e Massimo Gramellini. L’oggetto del contendere? La decisione del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di non partecipare al voto referendario. Ma, come spesso accade, il pretesto è stato solo la miccia per un’esplosione ben più vasta.
La “Diserzione Morale” e l’Attacco di Gramellini
Tutto è iniziato con l’analisi di Massimo Gramellini. Con il suo consueto tono pacato e vagamente professorale, il giornalista ha lanciato un attacco frontale – seppur ammantato di retorica istituzionale – alla Premier. Per Gramellini, l’astensione di Meloni non era solo una scelta politica legittima, ma una “diserzione morale”. La sua tesi? Chi ricopre cariche istituzionali non può permettersi di comportarsi come un cittadino qualunque; deve dare l’esempio, deve essere una guida pedagogica. “Non conta solo cosa si può fare, ma cosa si dovrebbe fare”, ha sentenziato, dipingendo l’assenza della Premier alle urne come una ferita alla democrazia.
Era il classico argomento della “superiorità etica”, quello che spesso viene usato per giudicare dall’alto in basso le scelte del centrodestra. Ma se Gramellini pensava di trovare un interlocutore disposto a subire la lezione, si sbagliava di grosso.
La Furia di Porro: “Basta Doppio Standard!”

Nicola Porro ha ascoltato, ha incassato, e poi è esploso. Con una lucidità tagliente, ha ribaltato completamente la narrazione. “La Costituzione non impone l’obbligo di votare”, ha esordito, difendendo la sacrosanta libertà individuale di Giorgia Meloni. Ma il colpo da maestro è arrivato subito dopo. Porro ha tirato fuori dal cilindro un precedente illustre, un nome che solitamente fa tremare i polsi a chiunque voglia fare il moralista a senso unico: Sergio Mattarella. Ricordando come anche l’attuale Capo dello Stato, in passato, avesse scelto l’astensione, Porro ha messo Gramellini di fronte alle sue contraddizioni.
“Perché se lo fa uno è legittimo, e se lo fa la Meloni è uno scandalo?”, sembrava gridare ogni sua parola. Porro ha denunciato con forza quel “doppio standard” tipico di una certa intellighenzia progressista che si arroga il diritto di distribuire patenti di democraticità. Per lui, l’indignazione di Gramellini non era etica, ma puramente ideologica: un modo per colpire l’avversario politico mascherando l’attacco da lezione civica.
Lo Scontro Personale e l’Accusa di “Pericolosità”
Il dibattito si è presto surriscaldato, abbandonando i binari della discussione teorica per scendere sul terreno dello scontro personale. Gramellini, messo all’angolo, ha provato a contrattaccare accusando Porro di trasformare l’informazione in “esercizio populista”, dove chi urla di più ha ragione. Un’accusa che ha fatto scattare la molla finale.
In un gesto teatrale che rimarrà negli annali della tv, Porro si è alzato, sovrastando fisicamente e metaforicamente l’interlocutore. “Voi siete pericolosi!”, ha tuonato. Non perché critici, ma perché incapaci di accettare che esista un pensiero diverso dal vostro senza doverlo per forza delegittimare o demonizzare. Porro ha accusato Gramellini e la sua “bolla” di vivere lontani dalla realtà, di voler imporre una dittatura del pensiero unico dove chi non si adegua al linguaggio e all’estetica della sinistra viene trattato come un barbaro.

Il Gelo Finale: Nessuna Stretta di Mano
La conduttrice, visibilmente in difficoltà, ha tentato invano di riportare la calma, ma la frattura era ormai insanabile. Non si trattava più di Meloni o del referendum, ma di due idee di giornalismo e di società. Da una parte l’idea “pedagogica” di Gramellini, che vede il giornalista come un educatore delle masse; dall’altra quella libertaria di Porro, che vede nel giornalismo uno strumento per dare voce al pluralismo, anche quando è scomodo, anche quando è “urticante”.
La trasmissione si è chiusa in un clima glaciale. Nessuna stretta di mano, nessun sorriso di circostanza. Le telecamere hanno indugiato sui volti tesi dei due contendenti, immortalando la fine di ogni possibile dialogo. Sui social, intanto, il pubblico si scatenava, con una netta prevalenza di chi, stanco delle solite prediche, ha visto in Porro un difensore coraggioso della libertà contro l’ipocrisia del politicamente corretto.
Questo scontro non è stato solo “televisione”. È stato lo specchio fedele di un’Italia divisa, dove una parte del Paese non accetta più di farsi dare lezioni di morale da chi, per anni, ha gestito il potere culturale senza mai mettersi in discussione. E Giorgia Meloni, pur assente fisicamente, ne è uscita paradossalmente rafforzata: difesa non per partito preso, ma in nome di quella libertà che vale per tutti, o non vale per nessuno.