Tacchino ripieno del Ringraziamento, la ricetta di Melissa Clark per cucinarlo alla perfezione (e gli errori da evitare)
La food writer americana ha pubblicato sul New York Times un dettagliato vademecum per chi voglia cimentarsi in questa ricetta tradizionale

Ogni quarto giovedì di novembre, nelle case americane prende vita una tradizione secolare: il «Thanksgiving Day», la festa del Ringraziamento. Celebre per le sue tavole imbandite e per la convivialità familiare, ha nel tacchino il protagonista indiscusso, simbolo di abbondanza e rito culinario che attraversa generazioni.
Per chi ha voglia di cimentarsi in questo piatto, la guida perfetta arriva dal New York Times, firmata da Melissa Clark, autrice e food writer tra le più apprezzate negli Stati Uniti. Con alle spalle decenni di esperienze ai fornelli e una predilezione per la cucina semplice ma precisa, Clark propone un approccio diretto, elegante e senza fronzoli: la ricetta del tacchino ripieno all’americana, dorato all’esterno e succoso all’interno, pronto a conquistare anche i palati più esigenti. Ecco tutti i consigli (e gli errori da non commettere) per cucinarlo in maniera impeccabile.
La scelta del «tacchino giusto»
Il primo passo per ottenere un «risultato memorabile» è l’acquisto. Clark consiglia di pianificarlo con largo anticipo: se fresco, il tacchino va comprato 3-5 giorni prima del Ringraziamento; uno surgelato, invece, richiede almeno 24 ore per ogni 2 kg di peso per scongelarsi correttamente in frigorifero. La scelta influisce sul sapore e sulla consistenza finali: biologico, a libero pascolo, o allevato a terra, ognuno ha caratteristiche diverse. Da evitare sono i tacchini «self-basting», ossia quelli già iniettati con soluzioni saline e aromi per rendere la carne più succosa. La salatura a secco, invece, consentirà di calibrare meglio il gusto e di ottenere una pelle più croccante. In termini di quantità, conviene calcolare porzioni da circa 450-680 g a persona, con preferenza per un esemplare di dimensioni contenute, se si vuole evitare di dover affrontare «un gigante da 10 kg».
La preparazione degli strumenti
Per cucinare alla perfezione, non occorrono strumenti complicati. Bastano una teglia con griglia, un termometro da carne, una teglia per la salatura a secco e una grattugia a maglie fini per sminuzzare aromi e scorze di agrumi. Il «baster» – la siringa da cucina utilizzata per inumidire la carne irrorandola con i suoi stessi succhi durante il passaggio in forno – è superfluo: rischia di rallentare la cottura e di ammorbidire eccessivamente la pelle, compromettendone la doratura.
La preparazione preliminare

Scongelato – o tirato fuori dal frigo – il tacchino , è fondamentale rimuovere accuratamente il collo e le frattaglie. È possibile utilizzare fegato, cuore e ghianda per ricavare un brodo o, in alternativa, realizzare un piccolo contorno rustico – sul modello dei tipici «trimmings» (o «sides») americani che accompagnano il tacchino del Ringraziamento – rosolandoli in padella insieme a qualche rametto di rosmarino e timo. Un errore da evitare è quello di salare o condire la carne prima che abbia terminato di scongelarsi: così facendo, la pelle perderà croccantezza durante la cottura, mentre la polpa risulterà meno saporita.
La salatura a secco («dry brine»)
Clark consiglia di non sciacquare il tacchino: asciugatelo e strofinate sale, pepe e aromi a piacere, come aglio, erbe, spezie, scorza di agrumi grattugiata o peperoncino in polvere. Per chi possiede sufficiente dimestichezza: separate delicatamente la pelle dal petto e dalle cosce e applicate il sale direttamente sulla carne, ne accentuerà la morbidezza e la sapidità. Ultimata questa fase, il tacchino andrà conservato in frigorifero, scoperto – idealmente su una griglia – per un minimo di 12 ore fino a 3 giorni. Trascorso metà del tempo di riposo, sarà necessario capovolgerlo affinché il sale e gli odori si distribuiscano uniformemente. Un errore da non commettere? Saltare questo passaggio. Senza «dry brine», la superficie rischierà di non cuocere a dovere, risultando cedevole e poco consistente.
La cottura
Per una cottura omogenea, sistemate il collo precedentemente rimosso all’interno di una teglia insieme a vino, brodo e aromi; quindi, adagiate il tacchino – eventualmente farcito con erbe, cipolle e aglio – su una griglia, che posizionerete al di sopra della teglia. Spennellate la superficie con olio o burro fuso, e infornate a 180 °C. Non appena la pelle avrà assunto un leggero colore ambrato, riducete il calore e proseguite per 1,5-3,5 ore, a seconda delle dimensioni del volatile. Come anticipato, accantonate strumenti come «baster», siringhe e pipette da cucina: la carne non necessita di essere irrorata durante la cottura. Controllate la temperatura inserendo il termometro nella parte più spessa della coscia, senza toccare l’osso: il tacchino sarà pronto quando avrà raggiunto i 68°C. Un inciampo comune è quello di lasciarsi ingannare dal colore della polpa: alcune parti possono conservare un lieve tono rosa, pur essendo completamente cotte.
Il riposo
Terminata la cottura, è necessario che il tacchino riposi 20-30 minuti, coperto con un foglio di alluminio: questo passaggio permetterà ai succhi di distribuirsi uniformemente e di penetrare nella polpa, garantendo un risultato ottimale. I liquidi residui della teglia possono essere raccolti per preparare la «gravy» – la classica salsa statunitense, immancabile sulla tavola del Ringraziamento, ottenuta mescolando i succhi di cottura con farina o amido – o per irrorare la carne al momento del servizio.
Il taglio
Quando arriva il momento del taglio, procedete in cucina, lontano dal tavolo, per evitare disordine. Iniziate separando cosce e ali, poi ricavate il petto seguendo il profilo dell’osso. Una volta suddivisa la carne in porzioni, sarà più semplice disossare le sovraccosce e affettare la parte anteriore. Cosce e ali possono essere servite intere, come da tradizione.
(Ha collaborato Valentina Tessera)