La luce dorata del tramonto siciliano filtrava attraverso le persiane di legno della piccola casa in pietra, illuminando tre giovani donne identiche sedute immobili intorno al tavolo della cucina. Caterina, Chiara ed Elena Rizzo, triplo riflesso l’una dell’altra, ascoltavano in silenzio, mentre il loro padre Antonio, pronunciava le parole che avrebbero cambiato per sempre il corso delle loro vite. È tutto sistemato.
Don Luigi Badalamenti ha accettato la mia proposta. Caterina lo sposerà tra un mese, mentre voi due, indicò Chiara ed Elena con un dito calloso, vivrete nella sua tenuta come parte dell’accordo. La voce dell’uomo tremava leggermente, non per emozione, ma per la paura che si nascondeva dietro quella decisione.
Tutti a Corleone conoscevano don Luigi, il suo potere, la sua crudeltà e la sua ricchezza. A 45 anni era uno degli uomini più temuti e rispettati. della Sicilia occidentale. Nessuno osava contraddirlo, tantomeno rifiutare le sue richieste. Caterina, la più determinata delle tre, fu la prima a parlare, mentre le sue sorelle restavano paralizzate dallo shock.
Padre, come avete potuto decidere una cosa simile senza consultarci? Siamo nel 1950, non nel Medioevo. I suoi occhi verdi, identici a quelli delle sorelle, lampeggiavano di rabbia. Ma Antonio abbassò lo sguardo verso il pavimento di pietra consumata. Non avevo scelta, figlia mia, i debiti con la famiglia Badalamenti sono troppo grandi.
E don Luigi è rimasto colpito quando vi ha viste alla festa patronale. Ha detto che tre bellezze identiche sono un segno del destino. Mi ha offerto di cancellare tutto ciò che devo in cambio di questo matrimonio.
La madre delle ragazze, Rosalia, seduta in un angolo della stanza, si inghiozzava silenziosamente nel suo grembiule, incapace di guardare le figlie negli occhi. Chiara, sempre la più silenziosa e riflessiva delle tre, sentì un brivido per correrle la schiena. Conosceva don Luigi, o meglio, lo aveva incontrato due volte. La prima alla festa patronale, quando i suoi occhi scuri si erano posati su di lei e sulle sue sorelle con un’intensità inquietante. La seconda volta era stata più intima, più terrificante.
Un incontro casuale al mercato, seguito da parole sussurrate, una mano pesante sulla sua spalla, promesse e minacce velate. Non aveva mai raccontato a nessuno di quel secondo incontro, nemmeno alle sue sorelle. Era un segreto che bruciava dentro di lei, che la consumava ogni notte nei suoi incubi. Ora, seduta al tavolo della cucina, sentiva quello stesso terrore tornare a galla soffocandola.

Elena, la più giovane delle tre, per soli 7 minuti, scoppiò in lacrime. Ma cosa significa che vivremo nella sua tenuta? Saremo come come serve. Antonio scosse la testa, incapace di sostenere lo sguardo della figlia. No, sarete ospiti rispettate. Don Luigi ha detto che desidera avere tutte e tre le gemelle sotto il suo tetto per la rarità della vostra bellezza identica.
ha promesso che sarete trattate con dignità, ma le sue parole suonavano vuote, prive di convinzione. Tutti nella stanza sapevano che dietro quell’accordo si nascondeva qualcosa di più oscuro, più perverso. La reputazione di don Luigi lo precedeva e le storie sui suoi appetiti e sulla sua crudeltà erano ben note in tutta la provincia.
Quella notte le tre sorelle si riunirono nella camera da letto che condividevano sin dall’infanzia. Sedute sul letto di Caterina parlavano a bassa voce, mentre la luna piena illuminava le loro figure identiche. “Dobbiamo fuggire”, sussurrò Elena stringendo le mani delle sorelle. “Possiamo andare a Palermo o magari a Roma.
Ho sentito che al nord c’è lavoro nelle fabbriche, ma Caterina scosse la testa, sempre la più pragmatica. Con quali soldi e dove andremmo? Siamo tre ragazze sole, senza istruzione, senza contatti. E don Luigi ci troverebbe a occhi e orecchie ovunque. Il silenzio calò pesante tra loro, rotto solo dal canto lontano dei grilli e dal respiro irregolare di Chiara che sembrava sul punto di soffocare.
“C’è qualcosa che non ci stai dicendo, Chiara” disse improvvisamente Caterina, studiando il volto pallido della sorella. Da quando padre ha dato l’annuncio sei diventata un fantasma. Chiara distolse lo sguardo fissando un punto indefinito fuori dalla finestra. Come poteva spiegare? Come poteva confessare che conosceva don Luigi meglio di quanto volesse ammettere? Che l’uomo le aveva sussurrato parole che la facevano sentire sporca, contaminata? Ho solo paura! rispose infine, odiando se stessa per la menzogna, come tutte noi.
Ma mentre pronunciava queste parole, sentiva crescere dentro di sé una determinazione feroce. Non avrebbe permesso a don Luigi di possedere lei o le sue sorelle. in qualche modo avrebbe trovato una via d’uscita da quell’incubo. Le settimane che seguirono furono un turbine di preparativi per il matrimonio.
L’intero paese sembrava coinvolto, ma dietro i sorrisi e le congratulazioni si nascondevano sguardi di pietà e sussurri preoccupati. Tutti sapevano che le sorelle Rizzo erano state sacrificate sull’altare degli interessi familiari e del potere mafioso. Il vestito da sposa di Caterina veniva cucito dalle donne più abili del villaggio, mentre per Chiara ed Elena erano stati preparati abiti identici di un azzurro pallido, come damigle d’onore perpetue nel teatro grottesco che stava per svolgersi.
Don Luigi, nel frattempo, si faceva vedere raramente, ma quando appariva in paese era sempre accompagnato da almeno quattro uomini dall’aspetto minaccioso, le giacche rigonfie all’altezza delle ascelle dove nascondevano le pistole. Una settimana prima del matrimonio, don Luigi invitò l’intera famiglia Rizzo nella sua tenuta per una cena formale.
La proprietà si trovava a pochi chilometri da Corleone, una masseria fortificata, circondata da vigneti e uliveti che si estendevano a perdita d’occhio. Il lungo viale alberato conduceva a un edificio in pietra di due piani, con finestre strette come feritoie e un grande portone in legno massiccio. Mentre la famiglia scendeva dalla vecchia Fiat di Antonio, Chiara sentì le gambe tremare.
Questo sarebbe stato il suo carcere, la sua prigione dorata. L’aria profumava di gelsomino e agrumi, un contrasto crudele con il terrore che le attanagliava lo stomaco. Don Luigi le accolse personalmente sulla soglia, un uomo di mezza età dal fisico ancora possente, i capelli neri appena striati di grigio alle tempie, il volto segnato da una cicatrice sottile che gli attraversava la guancia destra.
indossava un completo grigio su misura, una camicia bianca immacolata e una cravatta di seta. I suoi occhi scuri studiarono le tre gemelle con un’intensità predatoria che fece rabbrividire Chiara. Le mie bellissime spose”, disse baciando la mano prima a Caterina, poi a Elena e infine a Chiara, trattenendo la sua mano un attimo più a lungo, stringendola con una forza calcolata che era allo stesso tempo una carezza e un avvertimento. “Benvenute nella vostra nuova casa”.
La cena fu servita in una sala da pranzo sontuosa, con un lungo tavolo in legno di noce apparecchiato con porcellane fine e cristalli che catturavano la luce dei candelabri. Don Luigi sedeva a Capotavola con Caterina alla sua destra e Chiara alla sua sinistra.

Mentre Elena era accanto a Caterina, i genitori delle ragazze occupavano l’altro estremo del tavolo, visibilmente a disagio tra tanto lusso. Servitori silenziosi portavano piatti elaborati, antipasti di olive e formaggi locali, pasta con le sarde, agnello arrosto con contorni di verdure dell’orto.
Il vino rosso scorreva abbondante, un nero d’avola prodotto nelle vigne della tenuta. Il vostro padre mi ha detto che siete nate a 7 minuti di distanza l’una dall’altra” disse don Luigi, riempiendo personalmente il bicchiere di Chiara. Prima Caterina, poi tu e infine la piccola Elena. Tre gocce identiche dello stesso sangue, una rarità preziosa. Mentre la cena proseguiva, don Luigi illustrava i suoi piani per il futuro.
Caterina sarebbe stata la moglie ufficiale, naturalmente, ma tutte e tre le sorelle avrebbero vissuto sotto lo stesso tetto, mantenendo quella connessione speciale che solo le gemelle possono comprendere. La vostra stanza è già pronta”, disse rivolgendosi a Chiara ed Elena, al primo piano convista sui giardini. Caterina ovviamente dividerà la camera padronale con me.
Il modo in cui lo disse, con un sorriso che non raggiungeva gli occhi, fece sentire Chiara fisicamente male. Guardò sua sorella Caterina, notando come mantenesse la schiena dritta e lo sguardo fermo, ma poteva vedere il terrore nascosto dietro quella facciata di forza. Conosceva quel terrore, lo condivideva, lo respirava.
Dopo la cena, mentre i genitori venivano intrattenuti dal fratello minore di don Luigi, l’uomo invitò le tre gemelle a fare una passeggiata nei giardini. La notte era calda, profumata di fiori notturni e della terra arsa dal sole siciliano. Le stelle brillavano in un cielo senza nuvole, indifferenti al dramma umano che si svolgeva sotto di loro.
Don Luigi camminava al centro, un braccio intorno alla vita di Caterina. l’altro che occasionalmente sfiorava i fianchi di Chiara. Elena camminava leggermente dietro, quasi dimenticata. “Sapete perché ho scelto voi tre?” chiese improvvisamente, fermandosi davanti a una fontana di marmo, dove l’acqua mormorava una nenia ipnotica.
“Non solo per la vostra bellezza, che è innegabile, ma per ciò che rappresentate, la trinità perfetta, tre aspetti della stessa anima”. La mattina del matrimonio arrivò con un cielo sorprendentemente grigio, insolito per la Sicilia di giugno. Caterina stava in piedi davanti allo specchio, nella sua camera d’infanzia, mentre la madre e le sorelle le sistemavano il velo sulla testa.
L’abito bianco di pizzo e seta sembrava una gabbia che la stringeva fino a soffocarla. Il suo volto, solitamente animato e vivace, appariva ora come una maschera di cera. gli occhi verdi svuotati di ogni emozione. “Sei bellissima”, sussurrò Elena cercando di infondere un po’ di entusiasmo nella voce, ma le parole caddero nel vuoto. Non c’era gioia in quella stanza, solo una rassegnazione pesante come piombo.
Chiara, in piedi dietro le sorelle, osservava la scena con un distacco quasi clinico. Nella sua mente si affollavano pensieri e piani, strategie disperate per sfuggire a un destino che sembrava ormai inevitabile. La chiesa di San Martino era gremita fino all’inverosimile, non per celebrare l’amore, ma per assistere allo spettacolo del potere.
Tutti i notabili della provincia erano presenti insieme a uomini dall’aspetto duro che tutti sapevano essere membri della cosca di don Luigi. Il profumo intenso dei gigli bianchi che decoravano l’altare si mescolava all’odore di incenso e al sottofondo di sudore e colonia costosa. Quando le tre gemelle entrarono in chiesa precedendo la sposa come damigelle d’onore nei loro identici abiti azzurri, un mormorio si diffuse tra la folla.
erano una visione quasi soprannaturale. Tre volti identici, con la stessa espressione controllata, gli stessi occhi verdi che evitavano di incrociare quelli degli invitati. Don Luigi, in piedi all’altare, in un elegante completo nero, le guardava avanzare con un’espressione di trionfo malcelato. La cerimonia si svolse come in un sogno febrile.
Caterina pronunciò i voti con voce ferma, ma priva di emozione, come se recitasse un copione imparato a memoria. Don Luigi, al contrario, sembrava quasi esultante. La sua voce profonda risuonava nella chiesa mentre prometteva di amare e onorare la donna che aveva appena acquistato con la cancellazione di un debito. Chiara, in piedi accanto alla sorella, stringeva così forte il piccolo bouquet di fiori che le spine delle rose le ferivano i palmi, ma non sentiva dolore.
La sua mente era altrove concentrata sul piccolo oggetto che aveva nascosto nella tasca interna dell’abito, un coltellino sottratto dalla cucina la sera prima. Non sapeva ancora come o l’avrebbe usato, ma la sua presenza contro il fianco era l’unica cosa che le impediva di urlare. Il ricevimento, dopo la cerimonia si tenne nella tenuta di don Luigi. Tavoli erano stati disposti nel grande giardino sotto pergolati di vite e festoni di luci.
L’orchestra suonava musica tradizionale siciliana, mentre camerieri in livrea servivano piatti sontuosi e vino a fiumi. Caterina sedeva al tavolo d’onore accanto al suo nuovo marito, ricevendo congratulazioni e baci sulla guancia da una processione infinita di ospiti.
Sorrideva meccanicamente, ma i suoi occhi cercavano continuamente quelli delle sorelle, come a cercare forza o forse perdono. Chiara ed Elena erano sedute poco distante, circondate da giovani uomini della cosca che le fissavano con un’ammirazione che aveva qualcosa di animalesco, come se fossero rare creature esotiche in uno zoo privato. “Balleresti con me, cognata?” La voce di Salvatore, il fratello minore di don Luigi, interruppe i pensieri di Chiara.
Era un uomo più giovane, sui 35 anni, con lo stesso fisico possente del fratello, ma senza la sua aura di pericolo immediato. I suoi occhi, però, avevano la stessa qualità predatoria. Chiara accettò con un cenno del capo, permettendogli di condurla verso l’area dedicata alle danze.
Mentre si muovevano al ritmo di un lento, le mani di Salvatore scivolavano più in basso di quanto fosse appropriato. “Sei identica a tua sorella”, sussurrò al suo orecchio. “A volte mi chiedo se anche sotto i vestiti siate così simili”. Chiara represse un brivido di disgusto, mantenendo il viso impassibile. “Forse lo scoprirai, forse no”. rispose con una voce che non riconosceva come sua, una voce che giocava con il pericolo.
Man mano che la serata avanzava, l’atmosfera si faceva più pesante. Gli uomini bevevano sempre più, le risate diventavano più forti, i gesti più espansivi. Don Luigi non lasciava mai Caterina da sola, la sua mano sempre possessivamente appoggiata sulla sua spalla o sulla sua vita. In diverse occasioni Chiara lo sorprese a fissarla attraverso la folla con uno sguardo che sembrava attraversarle la pelle fino all’anima. Sapeva cosa stava pensando, cosa stava immaginando.
Le sue parole al mercato mesi prima tornavano a tormentarla. Una sola di voi sarebbe un premio, tutte e tre insieme. Sarebbe come possedere il paradiso. Elena, nel frattempo, sembrava sempre più vulnerabile, aggrappandosi a Chiara come una bambina spaventata. “Non voglio restare qui”, sussurrava continuamente.
“Ho paura di quello che succederà stanotte”. A mezzanotte, come da tradizione, gli sposi si ritirarono. Caterina abbracciò le sorelle con una disperazione silenziosa prima di essere condotta via. da don Luigi verso la camera nuziale. Poco dopo, anche agli ospiti, fu indicato che era ora di andarsene. I genitori delle ragazze furono tra i primi a partire, evitando gli sguardi delle figlie rimaste, come se la vergogna, per ciò che avevano permesso fosse troppo grande da sopportare.
Chiara ed Elena furono accompagnate da una governante anziana verso la loro nuova stanza al primo piano. Era una camera elegante con due letti singoli, mobili antichi e una grande finestra che dava sui giardini posteriori della tenuta. La porta, notò immediatamente chiara, aveva una serratura solo all’esterno. “Le signorine troveranno tutto il necessario nei cassetti e nell’armadio”, disse la governante con un tono piatto.
“Don Luigi ha provveduto personalmente a selezionare il vostro guardaroba”. Con queste parole uscì e il suono della chiave che girava nella serratura risuonò come una condanna. Elena si gettò sul letto più vicino, scoppiando in un pianto silenzioso. Chiara si avvicinò alla finestra, valutando la distanza dal terreno, circa 5 m, troppi per saltare, senza rischiare di rompersi qualcosa.
E anche se fossero riuscite a scendere, dove sarebbero andate? Chi le avrebbe aiutate contro la potenza di don Luigi Badalamenti? Si sentiva intrappolata non solo fisicamente, ma anche mentalmente, come se ogni via di fuga fosse stata accuratamente bloccata prima ancora che potesse considerarla. Trascorsero ore in silenzio, Elena rannicchiata sul letto, Chiara seduta sulla sedia accanto alla finestra, scrutando la notte.
Da qualche parte, nella grande casa, Caterina stava vivendo il suo personale inferno. Questo pensiero era come un coltello che le torceva lo stomaco. Verso le 3:00 del mattino sentirono dei passi nel corridoio. Chiara si alzò di scatto afferrando il coltellino che aveva nascosto nel risvolto della gonna. La serratura scattò e la porta si aprì lentamente.
Don Luigi apparve sulla soglia, vestito con una vestaglia di seta bordeaux. i capelli spettinati, l’odore di whisky e sigaro che lo precedeva. “Le mie bellissime cognate”, disse con un sorriso che non aveva nulla di gentile. “Spero che la vostra stanza sia di vostro gradimento”. Elena si rannicchiò ancor di più contro il muro, il terrore evidente sul suo volto.
Chiara invece si mise dritta, il coltello nascosto nel palmo della mano. “Dov’è nostra sorella?” chiese con una voce sorprendentemente ferma. Don Luigi entrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle. Caterina sta riposando. È stata una giornata lunga ed emozionante per lei. Il modo in cui lo disse fece montare in chiara una rabbia cieca.
“Siete venuto a controllare che non fossimo scappate?”, chiese cercando di guadagnare tempo mentre valutava le possibilità. Lui si avvicinò e lei pot sentire il calore emanato dal suo corpo, vedere i pori dilatati sul suo naso, sentire l’odore acre del suo sudore mescolato al profumo costoso.
“Sono venuto a dare la buonanotte alle mie nuove sorelle”, rispose alzando una mano per accarezzare il viso di Chiara. Lei si ritrasse e vide un lampo di rabbia attraversare gli occhi dell’uomo. “Non farla difficile, Chiara. Ricordi cosa ti ho detto al mercato? Ricordi le mie promesse? La sua voce era bassa, minacciosa.
Chiara sentì un brivido percorrerle la schiena al ricordo di quell’incontro, delle parole sussurrate, delle minacce velate. “Ricordo tutto”, rispose. “Ricordo anche che avete promesso a mio padre che saremmo state trattate con rispetto. Don Luigi rise, un suono senza gioia che riempì la stanza. E così sarà. Vi darò una vita di lusso, di privilegi. In cambio chiedo solo gratitudine chiara”. Per favore.
La voce tremante di Elena interruppe lo scambio. Don Luigi lanciò un’occhiata alla gemella più giovane, poi tornò a concentrarsi su Chiara. “Tua sorella ha paura”, disse con un sorriso crudele. “Forse dovrei cominciare con lei, mostrarle che non c’è nulla da temere.” fece un passo verso Elena, ma Chiara si mise tra loro. Il coltello ora chiaramente visibile nella sua mano.
“Non la toccherete”, disse la voce come ghiaccio. “Non toccherete né lei né me mai”. Gli occhi di don Luigi si abbassarono sul coltello, poi tornarono sul viso di Chiara. Per un momento sembrò sorpreso, poi divertito. “Una piccola tigre”, mormorò. Sempre saputo che eri tu la più interessante delle tre. Uscite”, disse Chiara, il coltello puntato verso il petto dell’uomo.
“uscite ora o vi giuro che vi pianto questa lama nel cuore.” Don Luigi restò immobile per un lungo momento, valutandola. Poi, con un movimento così rapido che Chiara non ebbe il tempo di reagire, le afferrò il polso torcendoglielo fino a farle cadere il coltello. Il dolore le percorse il braccio come una scossa elettrica.
“Pensiì davvero di potermi minacciare nella mia casa?” sibilò lui, il viso improvvisamente contorto dalla rabbia. “Pensi che un coltellino da cucina possa fermarmi?” La spinse contro il muro, il suo corpo massiccio che la intrappolava. Chiara poteva sentire il suo respiro caldo sul viso, vedere la furia nei suoi occhi ora dilatati.
Potrei punirti per questo e lo sai, potrei farti del male in modi che non puoi nemmeno immaginare. Il mattino seguente sorse con una quiete innaturale sulla tenuta badalamenti. Chiara si svegliò con il corpo dolorante e la mente annebbiata. i ricordi della notte precedente che tornavano aondate. Don Luigi non le aveva ferite, non fisicamente.
Dopo il confronto con il coltello si era limitato a guardarla con un misto di rabbia e qualcosa che sembrava quasi rispetto prima di lasciare la stanza con un’ultima inquietante promessa. Non oggi, non domani, ma presto capirai che resistere è inutile. Tutte e tre capirete. Elena era ancora addormentata. Il viso segnato dalle lacrime, rannicchiata in posizione fetale, come per proteggersi.
Chiara si alzò silenziosamente avvicinandosi alla finestra. Il cielo era di un azzurro intenso, senza nuvole, in netto contrasto con la tempesta emotiva che infuriava dentro di lei. La porta si aprì senza preavviso e Caterina entrò nella stanza.
indossava una vestaglia di seta bianca che contrastava drammaticamente con i lividi visibili sul collo e sui polsi. Il suo volto era una maschera di controllo, ma i suoi occhi raccontavano una storia di terrore e umiliazione. “Buongiorno, sorella” disse con voce piatta, chiudendosi la porta alle spalle. Chiara corse verso di lei, abbracciandola con forza. “Caterina”, sussurrò, “cosa ti ha fatto?” Ma sapeva già la risposta.
poteva leggerla nei segni sul corpo della sorella, nel modo in cui si muoveva con cautela, come se ogni passo fosse doloroso. Caterina si liberò delicatamente dall’abbraccio, sedendosi sul bordo del letto di Chiara. “Non importa”, disse. “È mio marito ora, ha i suoi diritti”.
Elena si svegliò e, vedendo Caterina, scoppiò in lacrime nuove, più disperate. Le tre sorelle si abbracciarono, un nodo di corpi identici, uniti dal dolore e dalla paura. “Dobbiamo andarcene”, disse Chiara, la voce urgente ma bassa, temendo che qualcuno potesse ascoltare. “Non possiamo restare qui? Hai visto cosa ti ha fatto, Caterina?” E ieri notte è venuto qui, voleva, non riuscì a finire la frase.
Il disgusto e la rabbia le chiudevano la gola. Caterina scosse la testa, un gesto di rassegnazione che spezzò il cuore di Chiara. Non c’è via d’uscita disse. Siamo sue ora tutte e tre. L’unica cosa che possiamo fare è accettarlo e cercare di sopravvivere. La colazione fu servita nella grande sala da pranzo, dove don Luigi presiedeva come un re alla sua corte.
Le tre gemelle sedevano in silenzio, mangiando poco, evitando lo sguardo dell’uomo che ora controllava le loro vite. “Oggi,” annunciò lui, dopo aver finito il suo caffè, “mostrerò a Caterina come funziona la tenuta. Lei è la padrona di casa. Ora deve conoscere i suoi doveri.” Il modo in cui lo disse con quel sorriso compiaciuto fece ribollire il sangue di Chiara.
“E noi?” chiese Elena con voce tremante. Don Luigi la guardò come se si fosse dimenticato della sua presenza. Voi potete esplorare la casa e i giardini, ma non oltre il cancello principale, naturalmente i miei uomini hanno istruzioni precise. Mentre Caterina seguiva il marito per il tour della proprietà, Chiara ed Elena vagarono per la grande casa, cercando di memorizzare la disposizione delle stanze, le possibili vie di fuga, i punti deboli nella sorveglianza.
Ma presto divenne chiaro che la tenuta era una fortezza. Alte mura circondavano la proprietà, uomini armati pattugliavano i confini e persino i servitori sembravano osservarle con sospetto, pronti a riferire ogni movimento al loro padrone. “È impossibile”, mormorò Elena dopo ore di esplorazione infruttuosa.
“Siamo prigioniere qui”, Chiara non rispose, ma la sua mente continuava a lavorare febrilmente, cercando una soluzione, un’opportunità, qualsiasi cosa che potesse offrire una speranza. Nel pomeriggio, mentre riposavano all’ombra di un grande ulivo nel giardino posteriore, furono raggiunte da Salvatore, il fratello di don Luigi.
“Le belle cognate” disse sedendosi senza invito accanto a Chiara. “Come vi state ambientando nella vostra nuova casa?” Il suo tono era leggero, quasi amichevole, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che metteva Chiara a disagio. “È tutto molto grandioso”, rispose con cautela. Salvatore rise.
Un suono che sembrava sincero, a differenza della risata del fratello. Grandioso e opprimente, immagino. “Mio fratello ha sempre avuto gusti eccentrici. Tre gemelle. Chi l’avrebbe mai detto? Cosa volete da noi, Salvatore?” chiese Chiara direttamente stanca dei giochi. L’uomo la guardò con una nuova intensità, come se la vedesse davvero per la prima volta.
“Voglio aiutarvi”, disse infine abbassando la voce. “Mio fratello è un uomo pericoloso. Quello che ha in mente per voi tre non è normale, non è giusto.” Elena si avvicinò improvvisamente interessata. “Aiutarci? Come?” Salvatore si guardò intorno, assicurandosi che nessuno potesse sentire. Posso farvi uscire di qui, non tutte insieme, sarebbe troppo rischioso, ma una alla volta, forse.
Chiara lo studiò attentamente, cercando di capire se fosse sincero o se si trattasse di una trappola. E perché dovreste rischiare tanto per noi? Salvatore esitò, poi rispose con una sincerità che sembrava genuina. Perché anch’io sono prigioniero qui a modo mio. Luigi controlla tutto, i soldi, gli affari, persino chi posso frequentare. Mi tiene sotto il suo pollice come un insetto.
Se lo aiuto a cadere, forse potrò finalmente essere libero. Chiara scambiò uno sguardo con Elena, vedendo nei suoi occhi la stessa speranza disperata che sentiva crescere dentro di sé. “Come funzionerebbe?”, chiese infine. Salvatore si sporse in avanti. “C’è un modo per indebolire mio fratello? documenti nel suo studio che provano i suoi legami con certi crimini.
Se potessimo ottenere quei documenti e farli arrivare alle autorità, quella sera, durante la cena Chiara osservava don Luigi con occhi nuovi. La conversazione con Salvatore aveva piantato un seme di speranza, pericoloso ma irresistibile. L’uomo sedeva a Capotavola raccontando con entusiasmo dei suoi progetti per espandere il vigneto, ignaro del complotto che si stava formando contro di lui.
Caterina sedeva alla sua destra, gli occhi bassi, rispondendo solo quando direttamente interpellata. I lividi sul suo collo erano stati coperti da una sciarpa di seta, ma nulla poteva nascondere il terrore sottile che permeava ogni suo movimento. Un Chiara sentì una fitta di determinazione. Avrebbe salvato sua sorella costi quel che costi.
La notte portò con sé nuove paure. Dopo che Caterina fu condotta via da don Luigi verso la camera padronale, Chiara ed Elena si ritrovarono di nuovo sole nella loro stanza, la porta chiusa a chiave dall’esterno. “Credi che Salvatore sia sincero?” sussurrò Elena seduta sul bordo del letto. Chiara sospirò passandosi una mano tra i capelli.
Non lo so, potrebbe essere una trappola, ma è l’unica possibilità che abbiamo al momento. Si avvicinò alla finestra guardando il giardino buio sotto di loro. Da qualche parte là fuori c’erano gli uomini di don Luigi che pattugliavano come carcerieri e da qualche parte nella casa Caterina stava subendo di nuovo le attenzioni violente del marito. Questo pensiero era insopportabile.
Un lieve bussare alla porta le fece sobalzare entrambe. Chiara si avvicinò cautamente, ascoltando. Chi è? Chiese a bassa voce. “Sono io, Salvatore”, venne la risposta sussurrata. Ho qualcosa per voi. Il rumore di una chiave nella serratura. E poi la porta si aprì lentamente. Salvatore entrò rapido, chiudendosi la porta alle spalle. In mano teneva un piccolo oggetto metallico.
“Una copia della chiave”, spiegò porgendola a Chiara e una mappa della tenuta. Consegnati i punti dove la sorveglianza è più debole. Tirò fuori dalla tasca un foglio ripiegato. Mio fratello sarà fuori domani sera. Ha un incontro importante a Palermo. È la vostra occasione per entrare nel suo studio e cercare i documenti.
Chiara prese la chiave e la mappa, studiando attentamente quest’ultima alla luce fioca della lampada sul comodino. Cosa stiamo cercando esattamente? chiese. Salvatore si sedette sul bordo del letto, la voce ora un sussurro urgente. Un libro contabile nero. Contiene nomi, date, cifre, dettagli di ogni affare di mio fratello negli ultimi 10 anni.
Omicidi, estorsioni, traffici illeciti abbastanza per mandarlo in prigione per il resto della sua vita. Elena, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si avvicinò. E una volta che avremo questi documenti, cosa ne faremo? Salvatore la guardò con un’espressione grave.
Li porteremo al capitano dei carabinieri di Palermo, un uomo che non è sotto il controllo di mio fratello, un uomo onesto. La prospettiva di libertà era così vicina che Chiara poteva quasi assaporarla. Ma c’era ancora una questione cruciale e Caterina è sua moglie ora, legalmente legata a lui. Salvatore annui, comprendendo la preoccupazione. Una volta che Luigi sarà arrestato, il matrimonio potrà essere annullato.
Ci sono prove che è stato costretto, che vostro padre era sotto minaccia e con Luigi in prigione sarete tutte libere di andare dove volete. Sembrava troppo bello, per essere vero, e una parte di Chiara rimaneva scettica. Ma quale altra scelta avevano? Restare significava condannarsi a una vita di abusi e paura. Rischiare sembrava l’unica opzione. Il piano fu stabilito.
La sera seguente, quando don Luigi sarebbe stato a Palermo, Chiara si sarebbe introdotta nel suo studio per cercare il libro contabile. Elena avrebbe fatto da palo, mentre Caterina avrebbe cercato di distrarre eventuali servitori o guardie che potessero passare nei paraggi. Salvatore avrebbe fornito un’auto e li avrebbe aspettati a 1 kmro dalla tenuta, pronti per la fuga verso Palermo.
Era rischioso, pieno di potenziali complicazioni, ma era anche l’unica speranza che avevano. “Dormite ora”, disse Salvatore alzandosi per andarsene. “Domani sarà il giorno più importante della vostra vita”. Con queste parole uscì chiudendo silenziosamente la porta dietro di sé. Quella notte Chiara dormì stento. La sua mente era in subuglio, oscillando tra la speranza febrile e il terrore paralizzante. Se il piano fosse fallito, le conseguenze sarebbero state catastrofiche.
Don Luigi non era un uomo che perdonava i tradimenti. La morte sarebbe stata probabilmente il destino più misericordioso che avrebbero potuto aspettarsi, ma l’alternativa, restare, sottomettersi, permettere che le loro vite fossero distrutte giorno dopo giorno era ugualmente insopportabile. Qualunque cosa accada domani pensò Chiara mentre fissava il soffitto nell’oscurità, almeno avremmo provato a lottare. Il giorno seguente trascorse in una tensione quasi insopportabile.
Ogni ora sembrava estendersi all’infinito, mentre le tre sorelle aspettavano la partenza di don Luigi, quando finalmente nel tardo pomeriggio, lo videro salire sulla sua lussuosa Alfa Romeo, accompagnato da due guardie del corpo, un senso di sollievo misto a terrore le pervase. Il momento era arrivato.
Caterina, che era stata informata del piano durante un breve incontro nel giardino, appariva sorprendentemente calma. “Prerisco morire tentando di fuggire”, aveva detto, “chevere un altro giorno come sua moglie”. Queste parole, pronunciate con una determinazione feroce avevano confermato a Chiara che stavano facendo la cosa giusta, nonostante i rischi.
Attesero fino a quando le ombre della sera iniziarono ad allungarsi sui giardini della tenuta. La casa si era quietata con la maggior parte dei servitori impegnati nei loro compiti serali, nelle cucine o nelle stanze di servizio. Come concordato, Caterina si diresse verso l’ala est della casa, dove avrebbe accidentalmente causato un piccolo incidente, un vaso rotto, un grido di dolore per attirare l’attenzione.
Elena prese posizione nel corridoio principale, pronta a dare l’allarme se qualcuno si fosse avvicinato allo studio. Chiara, con il cuore che le martellava nel petto, utilizzò la chiave fornita da Salvatore per aprire la porta dello studio di don Luigi. La stanza era esattamente come Salvatore l’aveva descritta, grande, dominata da una massiccia scrivania in legno di noce, le pareti coperte di scaffali pieni di libri rilegati in pelle.
Una finestra ad arco offriva una vista sui vigneti, ora avvolti nella luce dorata del tramonto. Chiara si mosse rapidamente verso la scrivania, cercando di ricordare le istruzioni precise. Il libro contabile è nascosto in un compartimento segreto nel cassetto inferiore destro aveva detto Salvatore. C’è un meccanismo. Devi premere l’angolo posteriore sinistro del cassetto mentre lo tiri.
Con dita tremanti, Chiara seguì le istruzioni. Il cassetto si aprì con un leggero scatto, rivelando un fondo falso. E lì, proprio come promesso, c’era un libro dalla copertina nera, spessa e consunta. Con mani tremanti. Chiara aprì il libro confermando rapidamente che si trattava proprio di ciò che cercavano.
Pagine e pagine di nomi, date, cifre, dettagli di operazioni che facevano accapponare la pelle anche solo a leggerle. estorsioni, traffico di droga, ordini di omicidio, tutto meticolosamente documentato dalla mano stessa di don Luigi. Era la sua condanna, la chiave della loro libertà. Chiara richiuse il libro e lo nascose sotto la camicetta, assicurandolo nella cintura dei pantaloni.
Proprio in quel momento sentì un grido provenire dall’ala est della casa, il segnale di Caterina. Era ora di muoversi. uscì dallo studio con cautela, richiudendo la porta a chiave dietro di sé. Elena la aspettava nel corridoio, il viso pallido per la tensione. “Tutto bene?”, sussurrò Chiara annuì indicando il rigonfiamento sotto la camicetta. “Ce l’ho, andiamo a prendere Caterina”.
Le due sorelle si mossero silenziosamente attraverso i corridoi della grande casa, dirigendosi verso il punto di incontro stabilito, la piccola porta di servizio, sul retro della cucina. Raramente utilizzata e meno sorvegliata. Caterina le stava già aspettando lì. Una piccola borsa con pochi effetti personali stretta in mano. I servitori sono tutti occupati con il vaso Ming che ho fatto cadere disse con un sorriso tirato.
Abbiamo qualche minuto le tre sorelle uscirono nella notte muovendosi rapidamente, ma con cautela, attraverso i giardini posteriori, seguendo il percorso che Salvatore aveva indicato sulla mappa. La luna era alta nel cielo, fornendo abbastanza luce per vedere, ma anche abbastanza ombre per nascondersi quando necessario.
Raggiunsero il muro di cinta, nel punto dove Salvatore aveva detto che era più basso e meno sorvegliato. Con uno sforzo congiunto riuscirono a scavalcarlo una dopo l’altra, atterrando con un tonfo soffice sull’erba dall’altro lato. Erano fuori dalla tenuta, ma ancora lontane dalla libertà. dovevano raggiungere il punto d’incontro a 1 km di distanza, dove Salvatore le attendeva con un’auto. Correvano attraverso gli uliveti, cercando di mantenersi nascoste tra gli alberi.
Il terreno irregolare e la scarsa luce rendevano il percorso difficile, ma l’adrenalina e la disperazione le spingevano avanti. “Siamo quasi arrivate”, ansimò Chiara dopo quella che sembrava un’eternità. dovrebbe essere dietro quella curva e infatti, come promesso, una Fiat scura era parcheggiata sul lato della strada sterrata con Salvatore al volante. Le tre sorelle accelerarono.
La libertà ormai a portata di mano, ma proprio mentre si avvicinavano all’auto, un rumore di motori in avvicinamento spezzò il silenzio della notte. Fari potenti illuminarono la strada dietro di loro. Correte! Gridò Chiara spingendo le sorelle in avanti. Raggiunsero l’auto di Salvatore, spalancando le portiere e gettandosi all’interno.
“Vai, vai, vai!” urlò Elena mentre Chiara si voltava a guardare le luci che si avvicinavano rapidamente. Salvatore ingranò la marcia e premette sull’acceleratore. L’auto scattò in avanti sollevando una nuvola di polvere, ma le luci dietro di loro si avvicinavano inesorabilmente. “È don Luigi”, disse Caterina. La voce strozzata dal terrore. È tornato prima.
Chiara sentì il sangue gelarsi nelle vene. Com’era possibile? L’incontro a Palermo avrebbe dovuto tenerlo occupato fino a tardanotte. “C’è stata una soffiata”, disse Salvatore. Lo sguardo fisso sulla strada tortuosa davanti a loro. “Qualo deve averlo avvertito. La sua voce era tesa, ma stranamente priva della paura che ci si sarebbe aspettati.
” Chiara lo guardò con sospetto nascente, una sensazione di gelo che le si diffondeva nello stomaco. Salvatore disse lentamente. Come faceva Luigi a sapere esattamente dove cercarci? L’uomo non rispose immediatamente, concentrato sulla guida, ma c’era qualcosa nel suo profilo, una tensione nella mascella che fece suonare tutti i campanelli d’allarme nella mente di Chiara.
L’auto dietro di loro si avvicinava sempre più e ora potevano vedere chiaramente che si trattava dell’Alfa Romeo di don Luigi. “Ci sta raggiungendo”, disse Elena, la voce tremante di panico. Salvatore sterzò bruscamente, imboccando una strada laterale, ancora più stretta e accidentata. “Conosco una scorciatoia”, disse. “Ci porterà a Corleone da un’altra direzione”.
Ma invece di accelerare, l’auto rallentò gradualmente fino a fermarsi in una piccola radura circondata da ulivi centenari. “Che stai facendo?” chiese Caterina confusa. “Perché ci fermiamo?” Salvatore spense il motore e si voltò verso di loro, un’espressione indecifrabile sul volto. “Mi dispiace” disse semplicemente, e in quel momento le luci dell’Alfa Romeo di don Luigi illuminarono la radura accecandole temporaneamente.
La macchina si fermò a pochi metri da loro e don Luigi ne uscì, seguito dai suoi uomini armati. Chiara sentì un’ondata di nausea e tradimento. Era una trappola sussurrò guardando Salvatore con odio. “Ci hai ingannate”. L’uomo non negò, ma nei suoi occhi c’era qualcosa che assomigliava al rimpianto.
“Non avevo scelta”, disse a bassa voce. Luigi sa sempre tutto, mi avrebbe ucciso. Don Luigi si avvicinò all’auto, un sorriso freddo sul volto. “Le mie amate moglie e cognate” disse. La voce carica di una rabbia appena controllata. Che delusione! E tu, fratello mio, ottimo lavoro. Sapevo di poter contare su di te.
” Fece un cenno ai suoi uomini che aprirono le portiere dell’auto trascinando fuori le tre sorelle. Chiara lottò, ma era inutile contro la forza bruta degli scagnozzi. Il libro contabile venne scoperto immediatamente e consegnato a don Luigi, che lo sfogliò con un’espressione sarcastica: “Cercavate questo, immagino, la mia condanna. Peccato che non lasci mai prove reali nei miei documenti.
Questo è solo un registro di transazioni legittime, opportunamente modificato per l’occasione. La rivelazione colpì chiara come un pugno allo stomaco. Non solo erano state tradite, ma l’intera fuga era stata orchestrata da don Luigi stesso attraverso Salvatore. Un test di lealtà, un modo per vedere quanto lontano si sarebbero spinte.
Portatele alla tenuta, ordinò don Luigi ai suoi uomini, “Tutte e tre e assicuratevi che siano confortevoli.” Il tono con cui pronunciò l’ultima parola fece rabbrividire Chiara. Non c’era bisogno di immaginare quale tipo di conforto avesse in mente. Mentre venivano spinte verso l’Alfa Romeo, Chiara lanciò un ultimo sguardo a Salvatore che evitava i suoi occhi, lo sguardo fisso sul volante.
Il ritorno alla tenuta avvenne in un silenzio carico di disperazione. Le tre sorelle, sedute sul sedile posteriore dell’auto di don Luigi, erano troppo scioccate e terrorizzate per parlare. Chiara teneva la mano di Caterina stretta nella sua, cercando di comunicare forza e conforto senza parole, ma dentro di sé sentiva solo un vuoto sconfinato.
Avevano fallito, non c’era più speranza di fuga, di libertà. Don Luigi non avrebbe mai più abbassato la guardia con loro. La punizione che le aspettava sarebbe stata terribile, un esempio per chiunque pensasse di sfidare il suo potere. Arrivati alla tenuta, vennero condotte direttamente nel grande salone, dove don Luigi le fece sedere su tre sedie disposte in semicerchio davanti al camino spento.
Lui stesso si sedette di fronte a loro, il viso illuminato dalla luce gialla delle lampade, creando ombre che accentuavano la durezza dei suoi tratti. “Sono deluso”, iniziò la voce stranamente calma, soprattutto da te, Caterina. sei mia moglie, ti ho dato il mio nome, la mia protezione e così mi ripaghi.” Caterina non rispose, lo sguardo fisso sul pavimento. Don Luigi sospirò teatralmente, ma forse è colpa mia.
Forse non sono stato abbastanza chiaro riguardo alle conseguenze della disobbedienza. Con un gesto della mano fece entrare Salvatore nella stanza. Il fratello minore sembrava invecchiato di 10 anni nelle ultime ore. Il viso grigio, gli occhi spenti. “Salvatore ha svolto il suo compito alla perfezione”, disse don Luigi indicando una sedia accanto a sé.
“Come sempre il mio fedele cane da guardia, ma anche i cani a volte devono essere addestrati a obbedire meglio.” Salvatore si sedette lentamente, evitando ancora di guardare le tre sorelle. C’era qualcosa nel suo atteggiamento, una rassegnazione, una sconfitta totale che fece crescere in Chiara un nuovo terrore. Qualunque cosa stesse per accadere sarebbe stata peggiore di quanto avesse immaginato.
Ora continuò don Luigi alzandosi e camminando lentamente intorno alle sedie dove sedevano le tre sorelle. Dobbiamo decidere come procedere, come ricostituire la fiducia che avete così stupidamente infranto si fermò dietro Caterina, posando pesantemente le mani sulle sue spalle. Lei sussultò al contatto, ma non si mosse.
Caterina tornerà a condividere la mia camera. Naturalmente è mia moglie, dopotutto. Ma voi due si spostò fermandosi tra Chiara ed Elena. Voi due rappresentate un problema più complesso. Non posso più fidarmi di lasciarvi libere nella casa. In quel momento la porta del salone si aprì di nuovo e due uomini in divisa entrarono.
Con un sussulto di speranza Chiara riconobbe le uniformi dei carabinieri, ma la speranza morì immediatamente quando vide l’espressione deferente con cui i due uomini salutarono don Luigi. “Ah, capitano Ferrara, giusto in tempo” disse don Luigi con un sorriso cordiale. Come le dicevo al telefono, abbiamo avuto un piccolo incidente domestico. Il capitano, un uomo dall’aspetto severo, con baffi grigi, annuì gravemente.
Don Luigi, siamo a sua disposizione. Di cosa si tratta esattamente? Don Luigi tornò a sedersi assumendo un’espressione di preoccupazione paterna. Mia moglie e le sue sorelle hanno avuto un episodio preoccupante. Hanno tentato di fuggire portando con sé documenti riservati. Temo che la loro salute mentale sia compromessa.
Chiara sentì il sangue gelarsi nelle vene. Capì immediatamente dove stava andando a parare. Non è vero! Alzandosi in piedi. Sta mentendo. Ci tiene prigioniere qui ci ha minacciate? Ha abusato di mia sorella. Il capitano la guardò con un misto di pietà e imbarazzo, poi si rivolse nuovamente a don Luigi. Capisco disse semplicemente.
Ho già contattato il dottor Moretti, continuò don Luigi. È uno specialista in disturbi mentali. ha confermato che il comportamento delle mie cognate è compatibile con una forma di psicosi condivisa, esacerbata dal loro legame gemellare, raccomanda un ricovero immediato per osservazione e trattamento. Chiara ed Elena si guardarono con orrore crescente, comprend attendeva, un manicomio, una prigione ancora peggiore della tenuta, dove sarebbero state drogate, forse sottoposte a elettroshock, probabilmente abusate, e nessuno avrebbe mai creduto alla loro versione contro quella di don Luigi Badalamenti. No, per favore,
supplicò Elena, le lacrime che le scorrevano liberamente sul viso. Siamo pazze, vi prego, credeteci, ma i carabinieri avevano già estratto un documento ufficiale che il capitano Ferrara porse a don Luigi per la firma. L’ordine di ricovero coatto, come richiesto, disse il capitano. Il dottor Moretti le attende alla clinica San Benedetto.
Don Luigi firmò con un gesto florido, poi restituì il documento. Vi ringrazio, capitano. È una situazione dolorosa per tutta la famiglia, ma la salute delle mie care cognate viene prima di tutto. Chiara guardò Caterina, che sedeva immobile, gli occhi vuoti, come se la sua anima già abbandonato il corpo, comprese in quel momento che non c’era più speranza.
Il sistema era completamente dalla parte di don Luigi, la legge, la medicina, tutto era corrotto dal suo potere e dal suo denaro. Guardò Salvatore cercando un ultimo barlume di umanità, di rimorso, qualsiasi cosa che potesse ancora salvarle. Ma l’uomo teneva lo sguardo fisso sul pavimento, incapace di affrontare le conseguenze delle sue azioni.
“Capitano” disse infine Chiara, la voce sorprendentemente ferma. “Prima di andare, posso avere un momento da sola con mia sorella Caterina. Un ultimo addio! Il capitano guardò don Luigi che dopo un momento di riflessione annuì: “5 minuti” concesse “in questa stanza i miei uomini resteranno fuori dalla porta”.
Gli altri uscirono, lasciando Chiara e Caterina sole nel grande salone. Non appena la porta si chiuse, Chiara si avvicinò alla sorella prendendole le mani. “Caterina, ascoltami”, sussurrò urgentemente. “Devi essere forte per tutte noi. Un giorno troverai un modo per far conoscere la verità”. Caterina la guardò, gli occhi finalmente animati da un barlume di determinazione. “Lo farò”, promise.
“Non importa quanto tempo ci vorrà. Non permetterò che sia dimenticato ciò che ci ha fatto. Le sorelle si abbracciarono una ultima volta, trattenendo le lacrime che minacciavano di sopraffarle. “Ti voglio bene”, sussurrò Caterina. “Non dimenticarlo mai.
Non importa cosa ti diranno in quel posto, non importa quali droghe ti daranno, ricorda chi sei. Ricorda che sei amata”. Chiara annuì contro la spalla della sorella, imprimendo nella memoria il suo profumo, il calore del suo abbraccio. Poi la porta si aprì di nuovo e il momento era finito. I carabinieri entrarono, seguiti da don Luigi e dal capitano Ferrara.
È ora disse quest’ultimo quasi con gentilezza. Chiara si staccò lentamente da Caterina, raddrizzando le spalle. Se doveva andare, lo avrebbe fatto con dignità. Mentre veniva condotta fuori dal salone con Elena che si inghiozzava al suo fianco. Chiara si voltò un’ultima volta. vide Caterina in piedi accanto a don Luigi, il viso ora una maschera di calma determinazione e in quell’ultimo sguardo scambiato tra le sorelle passò una promessa silenziosa.
Questa non era la fine. Un giorno, in qualche modo, la verità sarebbe emersa. Un giorno ci sarebbe stata giustizia. E con questa convinzione nel cuore Chiara varcò la soglia verso un futuro incerto, ma sostenuta dalla certezza che l’amore tra lei e le sue sorelle era più forte di qualsiasi male potesse essere inflitto loro. Bro.