La guerra in Ucraina è giunta a un punto di svolta drammatico e irreversibile, ma la narrazione che ci viene offerta dai principali canali d’informazione sembra ancora intrappolata in una bolla di irrealtà. Mentre le sirene antiaeree risuonano a Kiev e i missili russi continuano a martellare la capitale ucraina, nei corridoi della diplomazia internazionale si sta consumando una partita molto più cinica e definitiva di quanto l’opinione pubblica possa immaginare. L’analisi approfondita del professor Alessandro Orsini ci costringe a guardare in faccia una realtà scomoda: non stiamo più discutendo di “pace” nel senso nobile del termine, ma stiamo negoziando i dettagli di una capitolazione.
Il cuore della questione risiede nel confronto brutale tra due visioni del futuro: da una parte il piano di pace proposto da Donald Trump, articolato in 28 punti, e dall’altra la controproposta in 19 punti avanzata da Volodymyr Zelensky e sostenuta dall’Unione Europea. Sebbene l’Europa cerchi disperatamente di mantenere una facciata di forza, la verità sul campo suggerisce che sarà il documento di Trump – o forse una sua versione ancora più dura – a dover essere firmato, sancendo la sconfitta strategica non solo dell’Ucraina, ma dell’intero blocco NATO.
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L’Errore Fatale dell’Approccio Europeo
L’atteggiamento dell’Europa, emerso chiaramente nei recenti incontri diplomatici a Ginevra, continua a basarsi su un presupposto fallace: chiedere prima una tregua e poi discutere i dettagli. Questa strategia, apparentemente logica, nasconde un messaggio politico inaccettabile per il Cremlino: pone l’Ucraina e la Russia sullo stesso piano, come se fossero due contendenti di pari forza che devono venirsi incontro a metà strada.
La realtà militare, tuttavia, racconta una storia diversa. Vladimir Putin ha già respinto questa impostazione nel modo più eloquente possibile: intensificando i bombardamenti su Kiev. Per Mosca, accettare una tregua preliminare significherebbe negare la propria superiorità sul campo. La Russia non ha alcun interesse a congelare le operazioni mentre si trova in una posizione di vantaggio schiacciante, e la controproposta europea, che ignora i rapporti di forza reali, è destinata a rimanere carta straccia.
Il Piano Trump: L’Anatomia di una Sconfitta
È nel piano di Donald Trump che si legge il futuro assetto geopolitico, un futuro che molti analisti occidentali faticano ad ammettere. Questo documento si divide in due parti distinte ma complementari: la prima sancisce la sconfitta della NATO, la seconda quella dell’Ucraina.
La sconfitta dell’Alleanza Atlantica è messa nero su bianco nei punti 3, 7 e 13. Il punto 3 stabilisce categoricamente che la NATO non si espanderà ulteriormente. Niente Georgia, niente Ucraina. È la fine della politica della “porta aperta” che ha guidato l’Occidente negli ultimi decenni. Ma è il punto 7 a rappresentare l’umiliazione suprema: l’Ucraina dovrà inserire nella propria Costituzione il divieto di aderire alla NATO, e parallelamente la NATO dovrà modificare i propri statuti per vietare l’ingresso di Kiev. Si tratta di un doppio vincolo giuridico che distrugge anni di retorica politica occidentale. Come se non bastasse, il punto 13 prevede il reintegro della Russia nell’economia globale e nel G8, costringendo i leader europei, inclusa Giorgia Meloni, a ristabilire rapporti diplomatici e sorridere accanto a Putin, certificando il fallimento della politica delle sanzioni.

La seconda parte del piano infierisce sull’Ucraina. I punti 20, 21 e 25 disegnano un paese ridimensionato e sotto tutela culturale. Il sistema educativo ucraino dovrà essere riformato per eliminare ogni sentimento anti-russo e favorire l’amicizia tra i due popoli. Ancora più grave è la cessione territoriale: le regioni più ricche e strategiche passeranno sotto il controllo di Mosca. Infine, la delegittimazione politica di Zelensky è totale, con la previsione di nuove elezioni entro 100 giorni.
La Grande Manipolazione Mediatica
Di fronte a questo scenario, la reazione della grande stampa italiana e occidentale è stata quella di puntare il dito contro Trump, accusandolo di essere un “nemico” dell’Ucraina e un amico di Putin. Secondo l’analisi di Orsini, questa è una classica tecnica di manipolazione di massa. Trump non agisce per odio verso Kiev, ma per un calcolo pragmatico e, paradossalmente, quasi “amichevole” verso Zelensky: vuole evitare lo “scenario afgano”.
Tutti ricordano le immagini drammatiche della fuga da Kabul, con gli aerei americani presi d’assalto mentre i talebani conquistavano la città. Trump sa che il fronte ucraino sta cedendo; sa che dietro l’ultima linea di difesa nel Donbas c’è il vuoto. Congelare il conflitto ora, anche a condizioni durissime, è l’unico modo per evitare che l’esercito russo dilaghi fino a Kiev, portando al collasso totale dello stato ucraino. La stampa attacca Trump per nascondere le proprie responsabilità: aver sostenuto acriticamente una guerra che non poteva essere vinta e aver sbagliato tutte le previsioni sulla tenuta della Russia.
L’Illusione della Controproposta Zelensky
La controproposta presentata da Zelensky e sostenuta dall’UE appare, al confronto, un libro dei sogni scollegato dalla realtà. In questo documento “fantasma”, l’Ucraina si riserva ancora la possibilità di entrare nella NATO e non si fa menzione di cessioni territoriali definitive, se non attraverso referendum che sarebbero impossibili da vincere. L’Europa scommette sul tempo, sperando in un crollo interno della Russia nei prossimi anni, simile a quanto accaduto dopo la prima guerra cecena. Ma la Russia di oggi non è quella di El’cin; è una potenza militare riorganizzata e solida.
Inoltre, la richiesta europea di un esercito ucraino di almeno 800.000 uomini o addirittura senza limiti, contro il tetto di 600.000 proposto da Trump (già enorme se confrontato con i 90.000 soldati dell’esercito italiano), dimostra una totale mancanza di realismo. Le dichiarazioni di Ursula von der Leyen, che immagina ancora una vittoria ucraina e l’ingresso nella NATO, suonano come parole pronunciate da chi vive in un universo parallelo, lontano anni luce dalla tragedia del fronte.

Conclusione: La Resa Inevitabile
La dichiarazione di Macron, “Vogliamo la pace, non la capitolazione dell’Ucraina”, tradisce involontariamente la verità. Se si sente il bisogno di specificarlo, è perché la capitolazione è esattamente ciò di cui si sta discutendo. Per la prima volta, il tabù è infranto. Non siamo di fronte a un negoziato di pace tra pari, ma alla definizione dei termini di una resa.
Il dibattito reale non è più se l’Ucraina vincerà – ipotesi ormai tramontata – ma se la sua resa sarà incondizionata o mitigata da qualche garanzia. Trump cerca di gestire questa sconfitta strategica della NATO limitando i danni, mentre l’Europa, incapace di ammettere il fallimento, continua a spingere l’Ucraina verso un baratro ancora più profondo. La verità è che la Russia ha prevalso militarmente e politicamente, e ogni giorno che passa senza accettare questa realtà porta solo a ulteriori distruzioni e sofferenze per il popolo ucraino. Quella che ci attende non è una pace giusta, ma la certificazione brutale di nuovi equilibri di forza che cambieranno per sempre il volto dell’Europa.